Ricordo quella vecchia canzone. La lontananza deforma le prospettive, ci fa perdere lucidità, ci fa sembrare le cose più affascinanti, perfette, meritevoli di una opportunità, di attenzione, del nostro amore. La distanza –talvolta fisica, molto spesso fatta di ostacoli ben più impegnativi di una manciata di chilometri o del mare- è quella che ci separa dall’oggetto del nostro desiderio: e più questo si allontana, più noi lo desideriamo. Niente di nuovo: è un meccanismo ben noto a quel disgraziato del nostro cervello, signore e padrone di tutte le nostre azioni (insieme allo stomaco, sia chiaro).
Magari è un’occasione che abbiamo trascurato, e ancora ce ne stiamo pentendo. O forse è una persona che avremmo potuto guardare con più attenzione, e solo ora che è lontana, persa dietro ai fatti suoi, ci sembra importante. Non è precisamente un rimpianto, nemmeno lontanamente (non ancora) un rimorso, è solo la distanza che distorce le cose, perché quello che sarebbe bene chiedersi è se davvero, avendole qui e ora e costantemente senza l’angoscia dell’ “ora o mai più”, queste cose ci sembrerebbero davvero così meravigliose.
E sono cazzi amari quando ci rendiamo conto che…sì, in effetti lo sono, meravigliose, e che la strada per conquistarle (o perlomeno per provarci) è ancora lunga e di solito raramente facile.
Non sto diventando matta, o filosofa: è un lungo filo conduttore che comincia da Cenerentola e la forza dei sogni e finisce...boh, anzi non finisce :-)
(la canzone è Wheres My Mind dei Pixies, me l’ha fatta conoscere la mia fotografa ufficiale)
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