Mai in vita mia
avrei pensato di essere d’accordo con Tinto
Brass quando afferma che “..L'erotismo
è l'illusione di quegli intellettuali che con le parole hanno ucciso il sesso”.
Verissimo, ricordate i miei dubbi amletici (ohibò) sull’efficacia e la
gradevolezza del sesso sul comodino?
Il vecchio satiro
amante dei deretani (epperò se sono sempre perfetti come quello di Claudia Koll
pre-conversione, non vale: cominciamo a dire che anche la buccia d’arancia può
essere sexy, mica tutte siamo scheletrini alla Victoria’s Secret) evidentemente
tira l’acqua al suo mulino, sostenendo l’ “onestà” della pornografia. Purtroppo non è così, non sono sempre
fantasie pre-infartuali di qualche sporcaccione, di solito bucoliche e agresti:
insomma, caro Tinto, non è che
le ragazze che vanno in giro senza mutande in bicicletta siano poi così
plausibili (eccitanti non so). So solo che se vedessi un figo
spaziale con le pudende al vento a cavallo di una bici probabilmente un po’ di
turbamento lo proverei, ma causato più dal pensiero del dolore ai gioielli di
famiglia che delle fantasie erotiche.
L’erotismo al cinema non è semplice, perché se le immagini sono certo più potenti e
immediate dalla parola scritta, proprio per questo è facile fare dei clamorosi
scivoloni nella pornografia, a volte anche un po’ ridicola. E la risata, si sa,
uccide il mistero, il fascino della tensione erotica. Perché mi vengono in
mente, infatti, solo pellicole un po’ datate, da Il postino suona sempre due volte,
con Jessica Lange buttata senza tanti complimenti in mezzo alla farina, alla
malinconica decadenza di Ultimo tango a Parigi?
Quando è uscito Nymphomaniac,
di Lars Von Trier, ho fatto l’errore di leggere alcune interviste sul film e la
mia già fievolissima curiosità si è spenta in un vortice di spiegazioni
psicoanalitiche ma soprattutto anatomiche (“la
vagina in primo piano nel film è
ovviamente finta”, spiega la Gainsbourg. Ussignùr).
Ma poi,
chissà se la credibilità di certe situazioni può essere un valore aggiunto, o
al contrario smorzare gli entusiasmi degli spettatori. Penso al delizioso Lucìa y el sexo, semisconosciuto
film di qualche anno fa in cui la protagonista girava per l’isola di Formentera
mezza nuda dalla cintola in giù, ma a parte questo la storia era carina, quasi
tenera nelle ossessioni fornicatorie dei protagonisti (oddio, sto proprio
invecchiando…).
Come il telefilm Nip/Tuck, di cui ho
adorato la prima serie, finchè non si è scivolati sulle solite ammucchiate, il solito bondage, il
solito lesbismo, e alla comparsa del nano (…) ho capito che era
meglio ripiegare per sempre su I
Cesaroni.
Oppure si cade
nella fantasmagoria,
con signore che emettono sospiri e rantoli al primo bacetto, ammazza!, con
inquadrature di ore e ore che mostrano tutti i lati della schiena di lui/di
lei/di loro senza arrivare al punto.
Tra i grandi classici c’è l’accoppiata
cibo-sesso (9
settimane e ½, non era male, ben prima della trasformazione
botulinica di Rourke), la
fantasia dell’aereo (possibilmente con uno sconosciuto/a), e anche il sesso bagnaticcio,
nel senso che vasche, laghi, mari e piscine con fumi di sospetta provenienza
che si alzano nella notte vanno molto forte come ambientazione (però occhio,
che per il sesso acquatico, bisogna avere vent’anni, sennò poi viene il colpo
della strega).
Il sesso
cinematografico o televisivo è quasi sempre patinato: i partner sono belli e levigatissimi,
con certe bracciotte tornite e visi impegnati che sembra una seduta dal
dentista, con certe venuzze in
rilievo che dovrebbero essere segnale di passione e qualche
volta fanno temere l’aneurisma. Infatti, quando poi vedi Caos Calmo e le impietose pieghe
della carne dei protagonisti, ti senti male perché è come vedere Babbo
Natale con i pantaloni calati, e ti stupisci: nei film
fighi i protagonisti non si tolgono mai i pantaloni, men che mai i calzini, che
spariscono da soli come per magia.
Non parliamo poi di cose tipo mascheroni
da Carnevale di Viareggio e orge alla Eyes Wide Shut (film da me
ingiustamente criticato, in cui sembrava perfino che Cruise sapesse recitare,
ma era tutto merito di Kubrick e della suddetta maschera): passino le
ammucchiate, ma l’orrida musica funebre in sottofondo mi faceva venire voglia
…di un Cd dei Cugini di Campagna.
Il capitolo del sesso gay mi
fa tenerezza, come i due sfortunelli di Brokeback Mountain: ho pianto
come un vitellino per tutto il film, mentre tutti gli uomini presenti in sala
si agitavano sulla poltroncina (come se due tipi come quei due machoni delle praterie
potessero mai anche solo guardarvi, signori, aiò…), mentre la versione
femminile suscita, di solito, turbamenti più accentuati (non c’è parità nemmeno
in questo, pare).
E’ da parecchio che
non vedo un buon film in cui l’erotismo non sia caricaturale o improbabile,
quindi noioso. Rappresentarlo non è facile, visto che come ogni impulso
fondamentale dell’essere umano può assumere moltissime sfumature (che non sono le
50 sadomaso di grigio, eh. Vista una viste tutte), e ognun* apprezza cose
diverse.
Ne parleremo nella prima puntata de La Versione di Madry, mercoledi
19 novembre alle 20 sui 96.8 di Radio X (streaming su radiox.it e con la app su
mobile, poi il podcast), con il critico cinematografico Elisabetta Randaccio,
la sceneggiatrice Antonia Iaccarino e Stefania Medda del Cinema Odissea di
Cagliari.
State con noi (e non siate timidi: ogni commento /contributo /esperienza sul
tema è gradito, qui, su Fb, su Messenger o dove volete voi).
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