Piccole casalingue crescono.

Chi ha avuto finora la pazienza di leggermi, qualche volta, saprà dell’arrivo dei ragazzini (detti anche, di seguito, Dr. Jekyll e Baby Angel) nell’allegra famigliola di Madry e Azzurro. Poiché pare che la maternità cancelli una significativa parte delle cellule cerebrali (ne è prova l’agghiacciante campionario di madri che incontro in questa nuova fase della vita), e poiché il mio livello culturale, un indefinito giorno di novembre del 2009, implica che il mio intellettuale di riferimento attuale è il pediatra, considerate pure ciò che segue come il vaneggiamento di una che esce adesso dai primi due mesi di montagne russe del post partum, ok?

Fatto sta che sono andata all’Upim (ebbene sì, anche io esco ogni tanto, grazie alla Tatanonna, che Dio la benedica). Il luogo è casuale, ma il mio animo da (ex?) reporter mi impone di segnalarvelo, ne caso vi interessi l’articolo in esposizione. Non differente da molti altri visti in altri negozi, così mi dice qualche amica con l’occhio lungo e sensibile a certe piccole sfumature. Per farla breve (d’altronde Jekyll e Baby incombono): fra le solite montagne di giocattoli al 30% di sconto, festeggia con noi il tuo Natale!, fra una Hello Kitty anche sulle mutande e le fantasmagoriche giostre multicolori che suonano, vibrano e fanno il caffè, una scatolona mi colpisce. Contiene due regali per maschio e femmina: per lui c’è una mini cassetta per gli attrezzi, che mi fa correre un brivido lungo la schiena (sta a vedere che D.J. e B.A. mi diventano anche loro dei bricoleur estremi come il padre).

E per la femmina? Ma un bel carrello professionale per le pulizie, no? Avete capito bene: sotto la scritta “Le piccole casalinghe” campeggia la foto di un carrello come quello delle imprese di pulizia, con tanto si scopa e secchio, manca solo il saccone in plastica, ma quello lo potrà sempre aggiungere la mamma, ovviamente. A fianco, scatoline di trucchi con paillettes e stelline, perfette per le veline di domani, minigonne taglia 3-4-5 anni (!!), eccetera.

Bei tempi quelli del Dolce Forno Harbert (ce l’avevo), non tanto quelli dei bambolotti che piangono, pisciano, gattonano per la gioia della bimba-mammina (non li ho mai avuti, grazie alla Tatanonna che dio la benedica), cosa che a me sembra un tantino strana.
Ma che dico strana? Mi sembra una cosa da psicopatici assoluti, educare una bambina al fare la mamma (?!) fin dall’infanzia, e la cosa mi faceva impressione finchè non ho visto quella fantastica scatola: “Le piccole casalinghe”. Con il carrellino professionale, giuro. E dunque, siccome siamo nel Paese in cui siamo e che ci meritiamo, ecco l’immagine che abbiamo delle nostre figlie, in una anonima serata di un qualsiasi giorno di novembre 2009, mica 1939, eh: un luminoso futuro, ricco di opportunità come il fare le pulizie, la mammina cara (suppongo in abbinamento), la soubrette o la terza via, la casalingua.

Ma io ho due maschi e per la prima volta in vita mia capisco quelli che mi dicono “Meglio così, e’ più facile”.

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