Passioni estreme.

Mentre il resto del mondo si godeva gli ultimi scampoli del ponte del 2 giugno (magari, mi dico per consolarmi in un attimo, ma giusto un attimo, di miserabile malignità, magari incolonnato in autostrada, tiè), oppure frastimava (lanciava maledizioni antiche e moderne) il tempo inclemente con nuvole, pioggerella e ovvio miglioramento a partire da domani, io praticavo un’attività davvero estrema.
Eh sì, signore si nasce…e io, modestamente, lo nacqui, ecco perché ogni weekend che qualcuno manda su questa terra io sopporto senza battere ciglio, ma in compenso frastimando moltissimo, il consueto Momento del Bricolage Estremo.

Attività fisicamente impegnativa, psicologicamente stressante, soprattutto per la sventurata che assiste l’Uomo Brico, ovvero, in questo caso, l’impavido Azzurro. Il quale è talmente calato nel ruolo che più di una volta gli è capitato, a causa del suo abbigliamento (ma io sospetto più per la sua espressione concentrata ed estatica), di essere scambiato per un commesso di uno di questi templi del fai-da-te.

Il Bricolage estremo si caratterizza perché è infinito, cioè non ne vedi la fine: una volta risolto il problema del gazebo in legno, che è stato dibattuto per i due mesi precedenti fino ad addivenire a un compromesso storico fra Azzurro e sua madre, si passa al dilemma degli appendini per gli accappatoi in bagno: cromati o opachi? A quanti centimetri di distanza l’uno dall’altro e quanto sotto o sopra la fila di piastrelle X? E con il bastone della tenda Y, il coso avvolgipompa per innaffiare da sistemare longitudinalmente o lateralmente, come la mettiamo?
Il Bricolage estremo si contraddistingue, anche, per l’attrezzatura necessaria, che sembra moltiplicarsi negli anni come gli alieni dell’Invasione degli ultracorpi: sempre il caro Azzurro, anni fa, chiese in regalo per Natale una cassetta per gli attrezzi delle dimensioni di una cassaforte che si porta sempre dietro, ogni weekend, non si sa mai che per piantare un chiodo ci voglia un progettino di ristrutturazione edile. La cassetta rossa e blu, due piani e ottanta scomparti, arrivò, ma fu sua madre, appunto, a regalargliela, e i commenti sono inutili.
Altra peculiarità del Bricolage No Limits: tutto va discusso fin nei minimi particolari, prima, durante e soprattutto dopo, per scoprire, con un filo di masochismo fetish, che ci si è sbagliati di quei due centimetri di profondità del mobiletto che rendono vani i pellegrinaggi delle settimane precedenti alla ricerca di quel particolare oggetto che assomma in sé portabiancheria, scaffale, scarpiera e magari anche una jacuzzi, perché no, se non fosse così brutto che non si può neanche guardare.

La mia mente, cari amici, vacilla. Sarà perché nel castello della Regina Madry non vi è giardino da innaffiare (Signore, ti ringrazio!) e muoiono perfino le piante grasse, o perché i bastoni per le tende me li sono messi da sola anni fa, mettendoci circa 3 nanosecondi a decidere dove e quando e poi sfruttando la manovalanza maschile che capitava a tiro, e amen.

Però, quando il gioco si fa veramente duro, i duri cominciano a giocare. E quindi oggi, mentre di sicuro tutti i miei 3-4 lettori facevano qualcosa di più piacevole (anche, eventualmente, estremo, ma piacevole, eh), io e Azzurro abbiamo girato ben cinque centri del fai dal te, veri imperi del Male nei quali ogni corsia nasconde un tranello sotto forma di tasselli, vernici, pergolati, contenitori in pvc, tutte cose che su qualcuno esercitano un fascino quasi sessuale come su altre persone farebbe una borsa Balenciaga.
Il tutto mi ha, ovviamente, sfiancata (anche se oggi non ho inveito molto, giusto un pochino quando mi è stato proposto di ritornare nel Brico precedente, dall’altra parte della città, per verificare una misura), e dunque sono molto, molto stanca. Non riesco proprio ad alzare neanche un braccino.

Ora, mentre scrivo, sento il simpatico rumore del martello di Azzurro che monta l’anta del “mobiletto multifunzione” di cm. 170 x 40 in truciolato massiccio, dopo averlo trasportato da solo dalla macchina all’ascensore, essere entrato in casa sbuffando “marò, quant’è pesante!” mentre io mi sgranocchiavo una patatina, commentando dall’altra stanza “ah sììì?”, accusando un malore quando lui ha mormorato piano: "forse ora avrei bisogno di aiuto...", e infine raggiungendolo in soggiorno per chiedere, innocente: “…ma non hai ancora finito? Io vorrei mettere l’acqua per la pasta, vabbè, ma ti ci vuole proprio tanto, eh…”!.

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