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il solito titolo acchiappaclick, eh. cosa avete capito? Comunicare
tra uomini e donne!
E'
dura, molto dura. Con le mie amiche ce lo diciamo da anni, ormai, e
non per questo siamo state scritturate per una fiction: c'è una
clamorosa penuria di uomini interessanti in circolazione, mentre noi
siamo mediamente splendide. Non tutte, eh, ma molte, soprattutto una
volta scavallata l'insicurezza dei vent'anni, le paturnie dei trenta,
e le scemenze che dobbiamo subire intorno ai quaranta, di solito
riguardanti l'orologio biologico (solo quello femminile, ca va sans
dire) e l'età che avanza. Che, sempre mediamente, non sentiamo
affatto, perché stiamo meglio di prima e soprattutto abbiamo le idee
assai più chiare su molte cose. Prendiamo
un accadimento elementare nelle vita dell'essere umano: incontrarsi,
conoscersi, piacersi, eventualmente (se sono tutti d'accordo) fare
sesso.
Detto così ha un andamento lineare.
E
allora perché complicare l'esistenza, che è già difficile di suo
fra lavoro, non lavoro, relazioni, gestione di WhatsApp, smalto
semipermanente per chi ci crede, campionati di calcio, famiglia e
quella irresistibile tentazione di misantropia che a volte ci scatta?
Perchè? Se ci si piace, si fa sesso. Elementare, Watson: siamo tutti
moderni, emancipati, o così ci hanno fatto credere, magari in una
maniera un po' tarocca. E allora perché lo stillicidio del
“vorrei-non-vorrei-ma se vuoi”, le settimane e i mesi di
messaggini (oh, amici: ma la vecchia cara telefonata no? Tutti
improvvisamente solo a scrivere, manco fossimo Marcel Proust), ma
sempre quella sensazione di vaghezza, lontananza, e soprattutto
scarsa curiosità per l'altra (meno spesso per l'altro, va detto).
La
sparizione della curiosità è il fenomeno più allarmante.
Uomini e donne adulti che non sembrano avere un impulso abbastanza
forte alla scoperta, sia emotiva che fisica, dell'altro/a. Come se
gli altri fossero tutti uguali, come se sapessimo cosa aspettarci.
Come se non sapessimo più divertirci, godere del momento anche un
po' infantile del “qui e ora”- salvo poi mettere in atto
dinamiche bambine nell'incapacità di gestione della frustrazione o
delle sfumature.
E' un problema di stereotipi e incasellamenti,
che sono necessari per dare un ordine al mondo ma in questi casi ci
privano di tantissime opportunità. Perchè, ve lo giuro, non tutte
le donne over 30 “vogliono farsi fecondare” (sentita veramente,
true story!), men che meno da laqualunque; non tutti gli uomini over
30 vogliono solo una replicante di mamma e ci sono perfino quelli che
si interessano alle coetanee e non alle ventenni (sugli uomini di
questa particolare fascia d'età, invece, citofonare qualcun'altra,
io mi passo per questioni anagrafiche, ehm).
E'
interessante, anche se il linguaggio ammiccante mi lascia sempre un
po' perplessa (perché distoglie l'attenzione: ma si sa che io sono
old
school),
l'invocazione di questa lettera aperta agli uomini a riprendere, in
qualche modo, i ruoli “tradizionali” nel corteggiamento.
Che,
lo ricordiamo sommessamente, prevede una serie di tentativi
finalizzati allo scopo, un possibile successo e pure un ipotetico
fallimento. E
quindi?
Perchè non si fa più, secondo l'autrice del pezzo? La tecnologia ci
ha distrutti, ci ha tutti resi più fragili, mi faceva osservare
un'amica (single) qualche sera fa. E c'è stata indubbiamente una
fortissima omologazione all'estetica da You Porn, basti pensare
all'agghiacciante moda del pube completamente depilato, che in
versione femminile altro non è che una concessione alle fantasie
maschili di carne freschissima, adolescente, pulita (e no, ragazze:
non lo fate “per stare in ordine”: mica dovete fare la spaccata
in aria in spiaggia), e in quella maschile è praticata perchè “lo
fa sembrare più grosso” (sentita con le mie orecchie). E You Porn
è il paese dei balocchi ma anche il modo migliore per ammazzare la
sessualità, e non lo dice una signora anziana come me ma il pornodivo Rocco Siffredi (su Micromega, eh!).
Per
quanto riguarda i rapporti tra i sessi che esulano (momentaneamente)
dal sesso, ecco che anche qui la normalità è un'utopia. Normalità
intesa nelle sue più diverse sfumature, e forse proprio qui sta il
problema. Nell'impossibilità di accettarne la dialettica, e
soprattutto la complessità femminile [momento
palloso femminista ON]
.
E' una incapacità binaria, dei maschi e delle femmine. Sui primi so
poco, non essendo, appunto, maschio. So che conosco moltissimi uomini
intelligenti e sensibili che pure covano un nucleo duro di
stereotipizzazione, per cui la donna è ancora mamma/madonna/puttana
e poco altro; il fenomeno si presenta peraltro anche in moltissime
donne- e non cominciamo con la tiritera che le donne sono le peggiori
nemiche di se stesse, semplicemente ripetono ciò che hanno sempre
sentito e hanno insegnato loro. Conosco
però anche diversi uomini femministi a loro insaputa,
che cioè si farebbero uccidere prima di utilizzare questo aggettivo
perché lo collegano, come molti, a un significato aggressivo di
generalizzato odio verso i maschi e non, come invece è, di amore
verso le donne.
La
difficoltà femminile di accettare le proprie complessità e
imperfezioni,
debolezze e crepe nell'identità che non siano quelle socialmente
riconosciute (l'esempio classico è la maternità: è accettabile
essere stanche, non lo è pentirsene. L'ambivalenza non sembra poter
esistere nell'accadimento più rivoluzionario della vita di una
persona, insomma) dipende certamente da fattori culturali che
spingono e premono verso l'obbedienza, fin dalla nascita, ma anche da
modelli culturali moderni, pop (nel caso delle ultime generazioni).
In
questo senso, prodotti come Sex&the City o le recenti saghe
editoriali soft porn (ad esempio “Maestra”, sic!) con al centro
quella che dovrebbe essere la donna-soggetto e non più oggetto ci
stanno rovinando, ragazze.
Rovinando! Il serial televisivo che compie 18 anni e
ha mostrato gli outfit più improbabili, tutù da ballerina compreso,
facendoceli sembrare portabili anche se noi andavamo al massimo al
supermercato sotto casa, contiene in realtà un potente messaggio
tradizionalista (e pure un po' maschilista) fin dagli esordi, con la
tormentata storia fra Carrie e Mr. Big.
Un classicone: lei
possibilista, carina e intelligente, di carattere e con fantastiche
scarpe, lui uno stronzo. Palloso come tutti gli stronzi, alla lunga,
e allora perché la nostra eroina gli dà retta? E perché il
messaggio è quello classico, appunto, della donna che sopporta
perché lo ama e non quello (ancora oggi!) rivoluzionario della donna
che lo molla, della serie “scusa caro ma preferisco impiegare
meglio il mio tempo, soprattutto a New York, eventualmente uscendo
con uomini che se la tirano meno”?
E poi: conveniamo
tutti sul fatto che alle nostre figlie è meglio spiegare che
l'obiettivo della vita non è quello di sposarlo a tutti i costi,
rompendosi le palle per 17 stagioni e sopportandone di ogni, mentre
gli uomini carini e affidabili sono tutto sommato considerati noiosi?
O magari che rimanere incinta non è l'obiettivo primario, come
suggerisce la dolce Charlotte? O che lavoro e maternità sono
conciliabili e che il lieto fine non è sempre e comunque stare con
l'improbabile padre del bambino, come fa Miranda mostrandosi
“domata”? E naturalmente che emancipazione non significa scopare
(con) chiunque, basta che respiri- anche se va detto che Samantha, la
mia preferita, aveva un certo gusto per gli uomini.
La
realtà è assai più complessa, quindi ripetiamo insieme: quelli
di Sex&the
city
sono caratteri femminili stereotipati per esigenze di narrazione. Che
peraltro scivola malamente sul finale lieto con sposalizio annesso,
cioè la cosa più tradizionale che c'è. Quindi, per quanto anche io
abbia apprezzato, non c'è nulla di particolarmente rivoluzionario in
quattro amiche che parlano di uomini o che li trattano “alla pari”
(atteggiamenti sbagliati/noiosi/ inconcludenti compresi).
Mica
avevamo bisogno della Tv, vero?
Certo, abbiamo ancora tutti un
problema se una donna non perfettamente aderente al nostro
immaginario sociale com'è ancora oggi viene definita “con gli
attributi” o addirittura “donna alfa”
ma
insomma uno sforzo di fantasia e curiosità, nella nostra vita
quotidiana (che mediamente non si svolge a New York a suon di
Cosmopolitan, il drink) potremmo anche farlo, no? E di accettazione di noi
stesse: il pube depiliamocelo come pare a noi, e pace! Perchè in
fondo, nel 2016 e nel nostro contesto di media evoluzione, non
ce lo chiede nessuno di compiacere l'altro per forza.
E'
già tanto se ci chiedono di uscire a cena senza farla tanto lunga!
I
maschi, insomma, oggi c'entrano relativamente con un concetto di sé-
tu chiamalo, se vuoi, femminismo- che va coltivato nelle donne, e
reso attraente, motivo di orgoglio, non pratica di lobbysmo figo da
serie televisiva (la donna-mantide, dominatrice, calcolatrice,
sempre -ice di qualcosa, preferibilmente di taglio maschile) o da
manuale new age di auto aiuto (la “sorellanza”, “le donne un
po' fate e un po' streghe” e tutte queste cose che ci
stracciano...la pazienza) ma consapevolezza della sua intrinseca
bontà e giustezza.
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