L'amore
è così: prima o poi arriva.Anche nei momenti più impensati,
spesso quando non lo stai cercando, quando ti sembra che nessuno vada
bene.
A me è capitato abbastanza presto, verso i vent'anni:
prima ci frequentavamo, certo, ma soltanto come amici. Ci vedevamo
quasi ogni giorno, ma era un incontro veloce, che non permetteva
grandi approfondimenti né turbamenti.
Poi
qualcosa è scattato e mi sono innamorata perdutamente, credo anche
un po' ricambiata nella misura in cui può farlo chi ha tanti amanti.
Una emozione sensoriale e mentale che non lascia scampo, che spesso
mi toglie il fiato, che mi fa allo stesso tempo impensierire e
intenerire. Da più di vent'anni è così, la storia d'amore più
lunga della mia vita: a questo punto spero duri per sempre.Come
tutti i pazzi d'amore non ho visto per molto tempo i suoi difetti, e
una volta capiti li ho amati comunque.
Perchè
Cagliari è così: bellissima e indifferente, molto bianca e luminosa
di una luce alla quale non puoi più rinunciare, tanto che ogni altro
luogo ti sembra opaco. Invece lo è anche lei,soprattutto in alcune
sue dinamiche, che quando ero molto giovane non capivo bene ma che
poi ho osservato ripetersi negli anni: il provincialismo piccolino,
certi bar e negozi del centro, la distanza abissale tra i quartieri,
l'ingiustificata spocchia del “cittadino” per il “biddaio”,
cioè il paesano, ovvero perfino chiunque abiti nell'hinterland.
Pochi
giorni fa mi hanno chiesto: “Francesca, tu sei
cagliaritana-cagliaritana, vero?”
Forse
l'amore si legge in faccia, non so (e a volte è un po' pericoloso,
intendiamoci). Fatto sta che no, non sono cagliaritana “pura”,
ammesso che esistano.
“...la
croce d'oro sulla cupola della cattedrale e attorno a corona
digradando i palazzi color catarro dei nobili ispanici decaduti,
circondati da bastioni pietrosi invalicabili a piede d'uomo, dove
pendono chiome di capperi al vento, di un verde che ride”.
A
me, per dire, “il verde che ride” provoca insieme una stupida
gioia e una fitta di nostalgia per non so bene cosa. Forse per non
averla ancora capita,
posseduta
per intero questa città.
Capita nelle sue sfumature, verdi o rosa
come le saline, grigie come i muri brutti dei palazzi, olivastri come
certe carnagioni, bianche come la luce, e poi azzurro, azzurro,
azzurro da non poterne più. Un
amore tormentato, ancora dopo tanto tempo.
Le
sue contraddizioni a volte mi annoiano, più spesso mi affascinano.
Sempre cerco di osservarle con uno sguardo misericordioso, non freddo
come quello di chi considera Cagliari “la città” o addirittura
la “Capitale” (di cosa, devono spiegarmelo), e non miope al
limite della cecità come chi crede che la Sardegna finisca
all'altezza della Cantina sociale di Monserrato (e questo me l'ha
detto un “cittadino”, eh).
Certa
scortesia cagliaritana è una roba da manuale, così come la simpatia
di alcuni tipi umani della città; e i suoi bei palazzi antichi,
stupendi e mai tristi anche quando abbandonati, convivono con una
tipologia variegata di edilizia popolare che va dal quartiere- ghetto
frutto di una idea politico-architettonica criminale al palazzotto di
mattoncini rossi presente in ogni quartiere.
La
mia adorata Cagliari è piena di verde e jacarande viola, ma al
cagliaritano medio importa poco, certo meno della seconda colazione
al bar.
E'
certamente una città-donna, così piena di sfaccettature: ogni
giorno si trucca diversamente, per distrarci con la sua bellezza e
farci dimenticare la freddezza con cui respinge chi non ha abbastanza
mezzi, soldi o tigna per viverci.
Cagliari
è così. Ti lancia i petali dai balconi, le chiacchiere dalle
finestre delle case sulla strada.
Ti ricambia, ma non
appassionatamente: è violentemente critica con chi la critica,
suddivisa in “cerchi magici” nei quali è impossibile entrare, un
paese piccolo in cui la gente mormora dietro schermi di occhiali a
goccia, scarpe firmate e tatuaggi improbabili, e sogna dall'alto dei
suoi colli da cui noi spasimanti fotografiamo tramonti implacabili.
Ha
l'aria dolce dell'estate in quasi tutte le stagioni, strade con
angoli sempre diversi a seconda dei giorni, e da casa mia, qualche
volta, si sente l'odore del mare. E' bianca, abbiamo detto, e gialla.
Molto calda, con molte salite e discese, interessante anche nelle sue
periferie bombardate, ma solo di incuria.
E'
questa la città in cui vivo, che mi ha accolta con perplessità
benevola e che adesso però mi ama anche lei, sempre con quella
magnanimità che significa: comunque stai attenta, non è ancora
detto che tu mi piaccia abbastanza.