Ma questo 25 Aprile, a cosa serve? Il
fascismo non è morto e sepolto, collocato in un angolo remoto del passato?
Mi piacerebbe molto pensarlo, ma
purtroppo non è così. Il fascismo “originale” è finito, fatto salvo qualche
lugubre nostalgico. Però, poiché i tempi cambiano ma le pulsioni umane restano
le stesse, soprattutto in mancanza di robusti anticorpi culturali, siamo ancora
oggi, 24 aprile 2015, in
presenza di altri fascismi.
Gli altri fascismi sono ancora oggi nazionalistici, settari, moderni,
lapidari e definitivi nella comunicazione; aggrediscono il diverso (in ogni senso, umano
e politico), lo sprangano verbalmente e spesso anche fisicamente; lo mettono
alla gogna nei giornali o nei blog, amano il vocabolario sessuale (un segnale è
sempre il definire le donne puttane e
i gli uomini froci, ad esempio), facendoci rimpiangere i testosteronici
documentari Luce. Praticano lo squadrismo mediatico, che a parte il voto è
l’unico ambito in cui noi possiamo fare una Resistenza quotidiana.
I nuovi fascismi sono fatti di
persone che odiano, sostanzialmente, e ai vertici apicali sanno usare bene le
parole: non siamo al pavloviano e sbavante “se
ne stiano a casa loro, le case agli italiani ecc”, che posso comprendere se
proferito dal piccolo ras del quartiere al bar, ma sanno esattamente di cosa
parlano e come parlarne.
Salvini, Santanchè, personaggi
politici così, che hanno fatto sempre e solo questo nella vita: la
politica. Sono avulsi dal mondo reale
esattamente come quelli che accusano di esserlo, non avendo mai avuto bisogno
di cercarsi un lavoro o una casa, o di sfangare la giornata. Chi simpatizza per loro deve sapere che delle
loro bollette, del loro affitto, della loro cassa integrazione o disoccupazione
non gliene importa nulla, semplicemente perché non sanno cosa sia e non lo
sapranno mai.
Politicamente- cioè nell’azione concreta- è infatti il nulla
che dobbiamo aspettarci da siffatti (e altri) personaggi. I nuovi fascismi, aiutati dallo straordinario
megafono della Rete, fanno proseliti con
facilità e superficialità.
Gli odiatori semplificano, spesso
strumentalmente, ma talvolta anche inconsapevolmente, per pigrizia o desiderio
di aggregazione al più forte, al più efficace.
Si può essere fascisti anche a propria insaputa, insomma. Questo non diminuisce
la gravità e la pericolosità delle loro azioni di dis-informazione, di “effetto
valanga” di pulsioni e sentimenti prima individuali e poi collettivi che sono
negativi e disfattisti, e che mirano al caos.
E il caos, lo sappiamo, fa desiderare
la tranquillità, i treni che arrivano in orario, nessun mendicante fuori dalle
chiese, e magari qualcuno che ci risolva la situazione.
La nuova Resistenza è lo
stigmatizzare tutte le accozzaglie che ci vengono proposte verbalmente o
politicamente, a casa e al bar, sui media e sui social, appena abbiamo sentore
che puzzino di odio, di aggressività verso il parere differente o critico.
Prima c’era l’olio di ricino, ora l’hate
speech; e nessuno ci può garantire che a quest’ultimo, spesso impunito,
amplificato e reso “virale”, e non contrastato con il nostro raziocinio, non
seguano poi azioni violente.
Più esercizio di critica, dunque, e
se necessario più pedanteria. E’ faticoso, noioso, non abbiamo tempo, siamo
stanchi e abbiamo (penso soprattutto ai giovanissimi) una discreta paura di un
futuro che non riusciamo a intravvedere e un presente che è complesso
interpretare. Dobbiamo però provarci.
Buon 25 Aprile a tutt*. E sempre grazie a
chi c’è stato/a.
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