Ieri sono
stata al funerale di una persona straordinaria, di cui molti hanno già scritto
bene, con affetto e sincerità. Io da
qualche giorno sono affetta da una piccola malinconia dovuta alla sorpresa e al
dispiacere, perché lui era uno resistente sempre, vulcanico e un poco
furibondo.
Alla funzione ho visto molti
giornalisti di ogni età, diversi “giovani” (non me ne vorranno per queste
virgolette, ma a quarant’anni sono d’obbligo) che hanno condiviso con lui un
pezzo più o meno lungo di strada.
Tutti
più o meno disgregati, come quasi tutta questa mia generazione che non ha
conosciuto, o l’ha fatto per periodi troppo brevi, l’esperienza del lavoro
insieme, quello che davvero aggrega così come il precariato disintegra; e ho
capito che la mia malinconia non riguarda soltanto un sistema che emargina chi
è fuori dai “cerchi magici”, ma anche il fatto che tra noi ci sfioriamo
solamente, occupati come siamo a galleggiare, sopravvivere, cercare la prossima
occasione. Non riguarda solo il giornalismo, è ovvio, ma tutte le realtà
piccole e conservatrici, che ripetono se stesse mettendo in scena sempre la
stessa rappresentazione e cambiando soltanto gli attori.
Con il
giornale online di questa persona sfavillante, torrenziale, appassionata e professionalmente
gigantesca ho scritto cose che nessun altro mi aveva permesso di fare prima e
nessuno mi ha mai chiesto dopo; nessuno aveva mai apprezzato davvero, prima, l’ironia
che considero fondamentale nella vita (e in qualsiasi mestiere).
La palestra
professionale, nel giornalismo, è anche
quella della buona scrittura –la sua era eccezionale- e nel saper trattare i
principianti, quelle e quelli che avrebbero più bisogno di una guida, di un
buon maestro (che è cosa diversa dal maestro buono).
Ieri è stato bello sapere, come se avessi
ricevuto un messaggio nella bottiglia, delle sue belle parole di stima nei miei
confronti, sorprendentemente precise, non generiche, quindi generose. Un regalo
dritto dal passato, che ha dato una forma più precisa a quella malinconia.
Ciao, Giorgio: sono
certa che ovunque tu sia, stai scrivendo. Un pezzo da 15mila battute,
probabilmente:)Etichette: altravoce, Cagliari, francesca madrigali, giorgio melis, giornalismo, la mia generazione, maestri, sardegna