Riceviamo e pubblichiamo un articolo di Salvatore Cubeddu (Fondazione Sardinia)
Cagliari, sabato 18 ottobre 2014
Si fa in fretta a fare il collegamento: mentre la
Banca Popolare dell’Emilia Romagna va completando la sua definitiva presa di
possesso delle banche sarde (Banco di Sardegna e Banca di Sassari), ora
una cooperativa emiliana andrà a scavare il monumento più vissuto della storia
dei Sardi, i giganti di Mont’e Prama: la scoperta archeologica dell’area
mediterranea più importante negli ultimi cinquant’anni, nel cuore della civiltà
occidentale. Aggiungiamoci il cedimento della giunta Pigliaru agli italo-cinesi
di Narbolia nel fotovoltaico, il consenso del tribunale italiano in Sardegna
alle esigenze dei militari (italiani) in barba a Pigliaru: avremo così una
normale settimana di servitù della Sardegna agli organismi dello stato
italiano. (Una parentesi: non è però da considerare un torto fatto ai
Sardi la scelta di Matera rispetto a Cagliari. Dei limiti dell’amministrazione
di questa nostra città nel campo culturale sarà bene iniziare a porci le
domande che urgono da tempo, a costo di affermare delle verità non proprio
piacevoli).
Siamo da mesi (anni?) in costante mobilitazione
anti/servitù: militare (Capo Frasca, e via elencando); industriale (Matrica e
gli emuli di Macchiareddu, P. Vesme, Chilivani e per la chimica verde),
energetica (i precedenti, più le incursioni fotovoltaiche promosse e protette
dai ministeri romani), territoriale (l’acquisto in corso dei terreni agricoli
delle pianure con l’appoggio della Coldiretti), bancaria e culturale (i giganti
‘romagnoli’, non a caso promossi dalla sinistra in entrambi i casi).
C’è la generazione dei post-sessantenni, ormai quasi
tutta pensionata, che continua nei modelli comportamentali della sua militanza
giovanile e si sposta di qua e di là per l’Isola, accompagnata da non
molti giovani volenterosi, senza che la difesa dei diritti dell’oggi diventi
una sicura conquista per il domani.
Ma: come ci si muove allorchè un provvisorio
armistizio sui poligoni concesso al presidente Pigliaru diventa decisione a
favore dei militari da parte del tribunale della stessa Repubblica? E’
possibile andare avanti senza che le nostre conquiste vengano difese da nostre
leggi, ad iniziare da quella fondamentale dello Statuto-costituzione della
Sardegna?
Dobbiamo approvare una legge dove si dica che sui beni
archeologici della Sardegna decidono i sardi, che le terre sarde non si vendono
perché sono un bene identitario destinato a restare disponibili per noi, che
all’Eni non si concede alcuna fiducia finchè non risana le terre che già
ha rovinato, che le banche devono ritornare a essere gestite da e per la
Sardegna, che l’energia la produciamo noi e per i nostri interessi. Con tutto
il resto che si scrive nelle costituzioni dei popoli.
Il Consiglio regionale, nella sessione estiva dedicata
alle riforme istituzionali, ha invece deciso di rimandare tutto. In realtà non
ha deciso niente in maniera chiara. Quello che è successo va interpretato. Alla
sarda. Perché da noi si parla ancora soprattutto con il silenzio o in suspu,
direbbero i barbaricini.
Il Partito Democratico ‘in Sardegna’ (non esistono i
‘democratici sardi’) attenderà le decisioni di Renzi dopo l’approvazione in
parlamento delle riforme istituzionali. Allora dovremo adeguarci alle decisioni
assunte a Roma. Perché qui la dirigenza del Partito Democratico tende a
rappresentare (ed a rappresentarsi in) Roma e non mostra di avere una
propria idea del futuro dell’Isola. Se l’avesse, si metterebbe all’opera per
formalizzare un proprio progetto sul nostro futuro in un testo a valore
costituzionale che, ad iniziare dallo Stato italiano, tutti dovrebbero
rispettare.
Questa settimana di ordinaria servitù è stata
preceduta da tante altre, e ad essa ne seguiranno sempre di nuove, finchè …
Finchè non ci lasceremo guidare come servi?
P.S.
Cosa
c’entra tutto questo con la nuova Carta di sovranità argomentata recentemente
da Franciscu Sedda, segretario del partito dei sardi? C’entra. Ha a che vedere
con la questione di fondo: se esistano per i sovranisti/indipendentisti dei
punti programmatici irrinunciabili e se il nuovo statuto sia tra di essi.
Dovremo tornare su questo punto.
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