La domenica della Sora Franca / Ricordati che devi morire




Com’è difficile restare padri quando i figli crescono e le mamme imbiancano, cantava quello. In effetti l’estate è un periodo tremendo per i capelli, e il mio parrucchiere me lo conferma: “in questi giorni sto pensando molto ai tuoi capelli”. 

Ohibò, in altri tempi sarei stata lusingata, oggi penso con terrore all’investimento economico che mi aspetta. Il padre in questione, l’ingegnere cattocomunista, non si pone minimamente il problema e mi liquida con un: “stai bene comunque”, e amenità varie che denotano senza scampo in che guaio io mi sia cacciata, tanto tempo fa.

I degni rampolli Diegoarmando e Giggirriva sono nel loro elemento, girano mezzi nudi come selvaggi e organizzano piacevoli momenti di cinema all’aperto portatile: non c’è pubblico, in spiaggia, che non si diverta con noi.



E’ un bel periodo, insomma, in cui l’argomento principale è la morte.



Il sole splende ferocemente, l’acqua è fresca e cristallina, e il problema fondamentale sembrerebbe essere quello del gelato e/o del colore dello smalto per unghie; ed ecco che Giggirriva, dalle profondità dei suoi quasi 5 anni, smette di guardare il mare e di picchiare il fratello (in quest’ordine) per comunicarci che “io non voglio morire, non voglio consumare il mio corpo!”.



Guardo malissimo l’ingegnere cattocomunista, che dopo la costruzione del ladiri ha sviluppato come argomento da ombrellone anche quello della morte, nel dettaglio. 
Però i  bambini piccoli non conoscono né capiscono l’uso delle metafore, tutto è letterale, e mi pare superfluo spiegare loro come funziona la tumulazione. Giggi insiste, provocandomi un lieve panico: “ non voglio che voi morite (dobbiamo migliorare i tempi grammaticali ma insomma ci siamo, NdR), e non voglio morire nemmeno quando diventerò un papà!”, per concludere con un inquietante “Non voglio più mangiare perché non voglio diventare grande!”. 
Potrei preoccuparmi, certo, se non fosse che nel frattempo una enorme focaccia al pomodoro è stata polverizzata a tempo di record.



La paura dell’ignoto e del futuro, quindi, comincia a lambire anche i nanetti. Un po’ mi dispiace, e un po’ sono felice per loro e per noi: si chiama crescere, e scoprire. E capire, anche.
 

Mentre spiego loro che nessuno ha intenzione di morire a breve, e che andrà tutto benissimo, rifletto sul fatto che non posso esserne completamente sicura ma che il messaggio deve essere questo, comunque: che è bello vivere ora, è bello mangiare, diventare grande, fare cose e vedere gente. Non interrogarsi troppo sul futuro, che spesso è una terra straniera, ma stare nel presente e possibilmente imparare cose nuove, che davvero sono quello che ci fa andare avanti.



Mentre il sole tramonta sul nostro mare vado a farmi un bagno per farmi sbollire l’ansia materna da prestazione, e quando torno all’ombrellone trovo l’ingegnere che sta spiegando ai nani cosa è e come è fatta una mummia.



No hope, only love.

Buona domenica a tutt*

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