Com’è difficile restare padri quando
i figli crescono e le mamme imbiancano, cantava quello. In effetti l’estate è un periodo tremendo per i capelli,
e il mio parrucchiere me lo conferma: “in
questi giorni sto pensando molto ai tuoi capelli”.
Ohibò, in altri tempi
sarei stata lusingata, oggi penso con terrore all’investimento economico che mi
aspetta. Il padre in questione, l’ingegnere cattocomunista, non si pone
minimamente il problema e mi liquida con un: “stai bene comunque”, e amenità varie che denotano senza scampo in
che guaio io mi sia cacciata, tanto tempo fa.
I degni rampolli Diegoarmando e Giggirriva sono nel loro elemento, girano
mezzi nudi come selvaggi e organizzano piacevoli momenti di cinema all’aperto
portatile: non c’è pubblico, in spiaggia, che non si diverta con noi.
E’ un bel periodo, insomma,
in cui l’argomento principale è la morte.
Il sole splende
ferocemente, l’acqua è fresca e cristallina, e il problema fondamentale
sembrerebbe essere quello del gelato e/o del colore dello smalto per unghie; ed
ecco che Giggirriva, dalle profondità dei suoi quasi 5 anni, smette di guardare
il mare e di picchiare il fratello (in quest’ordine) per comunicarci che “io non voglio morire, non voglio consumare
il mio corpo!”.
Guardo malissimo
l’ingegnere cattocomunista, che dopo la costruzione del ladiri ha sviluppato come argomento da ombrellone anche quello
della morte, nel dettaglio.
Però i bambini piccoli non conoscono né capiscono
l’uso delle metafore, tutto è letterale, e mi pare superfluo spiegare loro come
funziona la tumulazione. Giggi insiste, provocandomi un lieve panico: “ non voglio che voi morite (dobbiamo migliorare i tempi grammaticali ma
insomma ci siamo, NdR), e non voglio
morire nemmeno quando diventerò un papà!”, per concludere con un
inquietante “Non voglio più mangiare
perché non voglio diventare grande!”.
Potrei preoccuparmi, certo, se non
fosse che nel frattempo una enorme focaccia al pomodoro è stata polverizzata a tempo di record.
La paura dell’ignoto e
del futuro, quindi, comincia a lambire anche i nanetti. Un po’ mi dispiace, e
un po’ sono felice per loro e per noi: si chiama crescere, e scoprire. E
capire, anche.
Mentre spiego loro che
nessuno ha intenzione di morire a breve, e che andrà tutto benissimo, rifletto
sul fatto che non posso esserne completamente sicura ma che il messaggio deve
essere questo, comunque: che è bello vivere ora, è bello mangiare, diventare
grande, fare cose e vedere gente. Non interrogarsi troppo sul futuro, che
spesso è una terra straniera, ma stare nel presente e possibilmente imparare
cose nuove, che davvero sono quello che ci fa andare avanti.
Mentre il sole tramonta
sul nostro mare vado a farmi un bagno per farmi sbollire l’ansia materna da
prestazione, e quando torno all’ombrellone trovo l’ingegnere che sta spiegando
ai nani cosa è e come è fatta una mummia.
No hope, only love.
Buona domenica a tutt*
Etichette: bambini, famiglia, francesca madrigali, inserto estate, la domenica della Sora Franca, la morte, mare