La domenica della Sora Franca/ Stremati alla meta







E’ domenica. E’ successo di tutto e di più nel micro mondo dei nani quattrenni, cose perlopiù minime e quindi invisibili agli occhi e al cuore degli adulti. Abbiamo tolto le rotelle alle biciclette, ed è stata una occasione eccezionale per testare l’elasticità della schiena di genitori quasi 40 enni. 
E’ stato assai utile anche per ricordarci che  Diegoarmando e Giggirriva, 4 anni e ½ ognuno, sono due persone diverse e non assimiliabili, se non per la loro buffa “gemellarità” sui generis e per l’adorazione della divinità paterna (Edipo, io sto aspettando fiduciosa, eh.)

La tendenza di questo buffo mondo è quella di omologare ogni cosa (la chiamano “globalizzazione” nella sua accezione peggiore), e i bambini sono le prime vittime: “…sono tutti così, …fanno cosà…, a un certo punto devono parlare così, fare questo, andare a ginnastica, a tutti piacciono i dolci e la coca cola”. A quattro anni e ½.

Ovviamente in questa casa c’è chi rema violentemente contro: e infatti Diegormando snobba perfino la Nutella e la bevanda gassata non l’hanno mai bevuta. In compenso, mangiano salsiccia come orchi: sul vegetarianesimo temo sia una partita persa in partenza. Sono diversi l’uno dall’altro, questi due nani, come siamo diversi tutti; e tutti abbiamo diritto, e da una certa età anche il dovere, di provare ad essere come siamo. A volte la libertà passa anche dalla maglietta che vogliono indossare la mattina, o magari, nel futuro, da un taglio di capelli non omologato ma che desideravamo tanto, e che ci avvicina a quella fulminea citazione: “Diventa quello che sei”. 
Piccole cose, cose da bambini. Cose da inizio del mondo.

Mentre filosofeggio, il tempo non aspetta e la settimana scorre, eh, con la sua festa di fine anno in cui Giggirriva non muove un muscolo in mezzo ai bambini che cantano e si dimenano, simulando gli alberelli al vento: “…prima di uscire in giardino ho guardato se c’erano i genitori. E c’erano. Allora ho sentito le lacrime che volevano uscire dai miei occhi, e il papà e la mamma degli occhi li hanno sgridati”, ci spiegherà dopo. Per la cronaca, il nanetto non ha pianto, anche se l’emozione della performance è stata molto forte.
Abbiamo stabilito che quella sensazione che stava cercando di raccontare si chiama emozionarsi.
E in quel momento che fino a pochi secondi prima sembrava uguale a tutti gli altri sono rinata, diventata nuova anche io, imparando a raccontare un sentimento.

Diegoarmando invece si è confermato campione di pragmatismo e curiosità: spero in una evoluzione alla Alberto Angela, almeno. Mentre passo l’aspirapolvere mi chiede: “Mamma, posso aiutarti?”. Ci penso per un tempo congruo, circa 40 secondi, e poi gli rispondo di sì, mollandogli il tubo dell’apparecchio.
L’ingegnere cattocomunista, a cui hanno evidentemente vibrato i sensori di controllo, ci trova così: io in cucina che cerco di arrabattarmi in una penosa imitazione di Cotto e Mangiato, e il ragazzino tutto contento nell’ingresso, che passa l’aspirapolvere. “Ma l’hai lasciato solo a fare questo?!”, mi chiede scandalizzato. Perché,se lo magna?

E infatti, qualche secondo dopo, lo sento raccomandare: “…questo angolino l’hai già fatto? Passalo anche qua, dai…

Insomma, ci stiamo arrivando, da qualche parte. Non so dove, ma intanto andiamo. Ah, e buona domenica a tutt*

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