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“The Economist” ha scelto come
paese dell’anno, nel 2013, l’Uruguay. Il presidente dell’Uruguay è Pepe Mujica.
Mujica si è guadagnato la copertina di “Internazionale” la scorsa settimana.
Grillo, nel grande comizio di piazza San Giovanni del 2013, ha mostrato dei
video di Mujica.
El Pepe, presidente dell’Uruguay
dal 2009, è stato ministro dell’allevamento, agricoltura e pesca dal 2005 al
2009. Ha quasi ottant’anni, di cui quindici passati in carcere perché
componente del movimento armato “Tupamaros”. Dopo anni di torture e privazioni,
è stato liberato nel 1985. Il suo discorso all’uscita dalla galera, nel 1985, è
un capolavoro di semplicità e di saggezza politica.
Dal 2006 ad oggi il tasso di
disoccupazione in Uruguay è passato dal 10,9% al 6,5%. Mujica ha dato case e
lavoro ai poveri, legalizzato la produzione, il consumo e la vendita di
marijuana, depenalizzato l’aborto e legalizzato i matrimoni omosessuali. Sta
trasformando il paese.
I ricchi non lo vedono di buon
occhio. Vive con 2.000 euro al mese, in una casa povera, con il tetto in
lamiera. Tutto ciò che guadagna in più lo dà ad un programma di costruzione di
case popolari ed al suo partito.
Con 2.000 euro al mese si vive
bene, sia in Uruguay che in Sardegna. Perché pretendere di più, se sei il capo
di un governo che non ha eliminato la disoccupazione? L’altra sera ho
incontrato un dipendente para-pubblico sardo, che non riceve lo stipendio da
sei mesi, e mi ha detto: “Ci dicono che sono dispiaciuti e stanno lavorando per
noi. Posso credere all’Assessore solamente se anche lui si riduce lo stipendio
al minimo”. Come dargli torto?
Mujica ha messo sotto controllo
le banche, accetta gli imprenditori stranieri, soprattutto cinesi, se il paese
ha qualcosa da guadagnarci, e non mette in discussione la strategicità della
terra e dell’acqua.
Mujica è un innovatore. Affronta
temi su cui la cosiddetta sinistra ancora vacilla. “Sono per il socialismo, ma
contro lo statalismo”. Pur affermando la necessità di un attività di
pianificazione e programmazione, che significa? Significa che sinistra è stata
quasi sempre confusa, in Uruguay come in Sardegna, con pubblico, presenza dello
stato e statalismo. Mujica, invece, chiede meno statalismo, meno burocrazia e
più autogoverno, più autogestione dell’economia.
In un paese di 3,3 milioni di
abitanti è facile. In Sardegna lo sarebbe ancora di più. Questo strappo è da
compiere, con forza,anche qui.
L’altro grande innovazione è
stata il Frente Amplio. Fondato nel
1971, integra i partiti storici della sinistra con altri movimenti ed
organizzazioni. Sono organizzazioni federate, che compiono elezioni interne, e
si presentato unite alle elezioni, lasciando libertà di azione ed elaborazione
ai singoli componenti, dopo aver siglato un patto. Mujica vi ha aderito
successivamente e, come scrive, li unì un’idea di benessere per tutti ed
un’idea del potere non come mezzo per sistemare amici e parenti.
Si tratta di una organizzazione
di secondo livello di cui c’è bisogno in Sardegna. Sinistra, sovranisti,
indipendentisti trovino delle regole per decidere se e come presentarsi uniti
alle elezioni. Poi il lavoro vero si fa tra un’elezione e l’altra, ed ogni
organizzazione si muova come crede. L’onestà e la fiducia reciproca sono
precondizioni.
Mujica ha attuato un programma
sovranista. Ha usato le banche per dare casa e lavoro, ha svolto un ruolo
regionale in America Latina senza rimanere sbranato dai grandi vicini,
Argentina e Brasile. Ha dimostrato che la politica può stare vicino al popolo,
e che si può vincere.
La rivoluzione non è solo
protesta, non è lanciare slogan o una molotov, o cercare lo scontro. Come dice tio Pepe “la revolución es ante
todo trabajo y más trabajo, es eso”.
Per saperne di più
Non esistono libri in sardo ed
in italiano su Pepe Mujica. Diversi giornali e riviste gli hanno dedicato dei
reportage e degli speciali.
I libri in lingua spagnola più
conosciuti sono quelli di Maria Esther Gilio, Pepe Mujica – De Tupamaro a Presidente e Walter Pernas, Comandante Facundo. El revolucionario Pepe
Mujica
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