Ne
avevo già scritto tempo fa, addirittura in due puntate (questa è la 1° e questa
la 2°), di queste piccole cose da salvare in caso di crisi.
In questi tempi
difficili, di sbando e di fatiche che non sapremo se saranno ripagate, ma che
intanto dobbiamo comunque fare, perché l’alternativa è rimanere immobili, cioè
quasi morti.
L’ho riletto oggi, dopo la notizia dell’Oscar a La Grande
Bellezza: uno dei titoli più azzeccati di sempre. Ho pensato quindi che c’era
una deplorevole dimenticanza, nel mio Bignami: sono andata a rileggermi, cosa
che faccio raramente, e ho scoperto che mancava proprio
La Bellezza.
Ovvero,
la capacità di cogliere qualcosa di stra-ordinario, di piacevole, di vero in tutte le cose o quasi. La frase che
mi tatuerei sul corpo (e non è detto che non lo faccia) è quella di Keats:
Beauty is truth, truth
beauty, - that is all Ye know on earth, and all ye need to know.
Il
problema è che di solito non abbiamo o pensiamo di non avere tempo per la
bellezza, derubricandola a sciocchezza, trattandola come lusso superfluo da
radical chic. E’ un grosso sbaglio: imparare – e magari guidare- a vedere la
bellezza nelle cose e nelle persone è un fondamentale strumento salvavita,
fondamentale nei momenti difficili come quelli che stiamo vivendo oggi.
Il
sorriso di un bambino sdentato, il volto rugosissimo di un anziano, un albero e
perfino un palazzone di città nascondono elementi di bellezza; un testo, una
poesia, una canzone non sono soltanto emozionanti, ma possono essere proprio belli. Anche un singolo sguardo, un
gesto, un singolo momento nella vita.
Concediamoci
questo piccolo lusso, e fidiamoci degli effetti benefici che provoca.
Il bello della bellezza è che tutti ne hanno una
versione personale, si trova dappertutto, non costa nulla e sviluppa una invincibile desiderio di conservare, sviluppare,
progettare- mai di distruggere.
Gli altri dieci piccoli consigli erano questi:
Relazioni.
La depressione
da disoccupazione di media e lunga durata, che coinvolge molti adulti, potrebbe
farci passare la voglia e la poesia di fare cose e vedere gente. Dobbiamo
invece continuare, per quanto possa sembrare faticoso, compatibilmente con gli
equilibri logistici ed economici, perché conoscere persone (meglio se positive,
non strolliche: ho scritto positive), o approfondire le amicizie ci distrae dal
nostro ombelico, ci permette di esprimerci, e talvolta ci fa perfino venire
delle idee.
(auto) formazione
Abbiamo
già speso tempo e denaro per formarci: a scuola, all’Università, con i master
(chi non è riuscito ad evitarli,almeno). Non ne abbiamo più voglia, com’è
normale, e perfino cominciamo a credere di aver sbagliato tutto. Ma in fondo lo
sappiamo che non è così, che l’unica strada era ed è ancora quella, magari con
degli opportuni aggiustamenti di tiro. Quindi, mentre pensiamo al piano B
(che,non dimentichiamolo, potrebbe funzionare se diverso da quello che stavamo facendo prima), facciamo altro: un
corso di lingua, di cucina, di taglio e cucito, con il minimo dispendio
economico sennò poi ci incazziamo, ma nel frattempo facciamo.
Compenso
Anche minimo. A meno che non si tratti di piacere,
amicizia o strategie di autopromozione, il lavoro si paga. Se diveniamo anche
noi conniventi con il malcostume di non pagare le persone che lavorano
(soprattutto nelle arti o nel giornalismo), è finita. Ah, dite che per molti di
questi nostri mestieri è già finita? Va beh, poco male. Davvero.
Passioni.
Avevo già scritto della passione
qui, e ribadisco che, per quanto ci facciano soffrire (perché magari non
abbiamo tempo e modo di praticarle al meglio, o perché sono frustrate o ci
hanno creato problemi di dipendenza), dobbiamo resistere. Sono il salvavita più
potente che esista, a qualunque età; inoltre, se abbiamo ricevuto un dono, non
dobbiamo sprecarlo, sarebbe offensivo per le persone che poverette non hanno
alcun interesse nella vita (esistono, e io ne conosco). Un po’ il discorso del
“non lasciare la roba nel piatto e pensa ai bimbi dell’Africa che muoiono di
fame”, come ci dicevano da piccoli.
Sincerità.
Ovvero, l’approccio rivoluzionario alla crisi. Non fare
finta di stare bene, che tutto sia normale, non pensare che è meglio non
parlarne “perché tanto…”. Non lavorare
non è normale. Quindi è ovvio che
qualcosa non va, e che ci stiamo male (alcuni più, altri meno). Dire le cose
come stanno, invece, è il contrario di quello che ci si aspetta da noi, cioè
che subiamo in silenzio e rassegnazione. E poi, anche se il “mal comune mezzo
gaudio” è una cosa meschina e falsa, è vero che sapere di non essere soli fa
una differenza formidabile, soprattutto in tempi difficili.
Tempo e silenzio
vabbè, sono due cose in una. Se abbinate funzionano
benissimo, anche perché la seconda (il silenzio) ha comunque bisogno del primo
(il tempo). Se non stiamo lavorando, il tempo ce l’abbiamo, spesso pure troppo.
Usiamolo per fare quello che ci piace, anche da soli. Non è in contrasto con la
necessità di (buone) relazioni, ma è vero che solo stando da soli si crea
silenzio e il cervello si riposa.
Lettura
Fondamentale salvavita. Leggete, leggiamo quello che ci
pare. perché è estate, perché i classici russi li abbiamo già macinati o
abbiamo tentato di farlo ed è anche colpa loro se adesso siamo in questa
situazione, perché nel paese della terza media anche gli scimprori vanno bene,
tanto gli editor li hanno ripassati e almeno i congiuntivi sono a posto. Però
fateveli prestare e quei 10 euro usateli per
l’edizione economica di un classicone.
Realismo (e realpolitik)A quarant’anni difficilmente impareremo a suonare
il violino, e anche la tonicità dell’interno coscia è seriamente compromessa
(come mi disse l’estetista “è la parte più difficile da riprendere”. Quando
scappa, scappa). Questo significa che gli obiettivi che vogliamo porci- o il
galleggiamento stesso, in questi tempi difficili- devono essere realistici e
tenere conto della situazione contingente. All’amarezza
di chi dice “sarebbe stato meglio fare l’estetista o il meccanico” rispondo che
sì, è vero: sarebbe stato meglio. Ma volevamo
farlo? E possiamo farlo adesso, dopo una vita trascorsa a fare altro?
All’opposto, è realistico pensare che verranno tempi migliori per fare il
visual artist, il giornalista o l’attore? Quindi cerchiamo, per favore, di sviluppare un po’ di pragmatismo, questo
sconosciuto, nella ricerca del piano B.
Ironia e autoironia
C’è grossa crisi, d’accordo. Però non
siamo morti. In quanto vivi, abbiamo la
possibilità e quasi il dovere morale di sorridere di noi, e degli altri.
L’ironia di solito è congenita e difficilmente si impara; e nonostante i tempi
difficili che viviamo, che stroncherebbero la vitalità di chiunque, mi sembra
importante mantenere sempre uno sguardo divertito (e quindi divertente) sulla
vita.
Piaceri (piccolissimi)La mia generazione, con gli stipendi ondivaghi o
assenti, ha poco da scialare: se si ha famiglia, poi, nemmeno a parlarne. Però
i piaceri piccoli piccoli consolano, distendono il cervello affaticato (dal
continuo pensiero del lavoro, di solito). Quindi: un caffè
al bar, ascoltare la radio in macchina,
andare al mare invece di (fare qualche altra cosa di non fondamentale), ecc.,
aiutano. Almeno un momento :)
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