h.9.05,
di rientro dalla scuola materna dei nani. Accendo la radio e come molti altri
cagliaritani sintonizzo su una nota trasmissione radiofonica locale. Il mio
amico Vito Biolchini, insieme a Elio Arthemalle, conduce l’utile e dilettevole
Buongiorno Cagliari. Li sento parlare di un passaggio all’Unione Sarda di
Biolchini, anche perché oggi c’è un suo pezzo sul giornale. Per gli amici non sardi
va fatta la precisazione che questo Biolchini è un criticone, che l’Unione è
sostanzialmente l’unico giornale cartaceo in Sardegna (insieme a La Nuova
Sardegna che però ha un ruolo marginale nel sud dell’isola), ed è sempre stato
piuttosto “blindato”, ancorchè ultimamente gestito in maniera nuova e piuttosto
interessante.
Questi
movimenti tellurici nell’ambiente giornalistico e/o politico (in senso lato)
sono quindi una notizia, o se vogliamo un
pettegolezzo, insomma: qualcosa di cui (s)parlare.
Alle 9.11
mando un SMS all’amico mio, che mi risponde alle 9.12: è uno scherzo. Peccato,
gli rispondo, sarebbe stata davvero una figata che uno come te lavorasse nel
giornale più letto nell’isola. Intanto la notizia si diffonde: Cagliari è
piccola, la gente mormora, e mi viene ovviamente in mente il leggendario
scherzo radiofonico di Orson Welles ne La Guerra dei Mondi.
Perché
racconto un caso singolo e personale? Perché molti hanno abboccato allo
scherzo, e ci sta. Mica tutti possono o vogliono informarsi direttamente, per
ogni cosa. Molti altri, e qui sta il bello, hanno cominciato a dibattere sulla
questione, soprattutto su Facebook. Cioè in pubblico. Lo scherzo viene ripreso
perfino da un giornale online (!) cagliaritano, che lo prende per vero (!!) e
lo mette in apertura di pagina.
Intanto,
su FB (cioè, ripeto: in pubblico), la
gente si scatena: c’è chi apostrofa il giornalista come “venduto” perché è
andato a lavorare per chi ha spesso criticato, altri che dicono che non se
l’aspettavano o al contrario hanno sempre saputo che sarebbe successo, soliti
pennivendoli!!1!1.
Ci sono quelli che commentano che in fondo “tiene famiglia”,
altri si congratulano con Biolchini e diversi con l’Unione (attenzione: è
interessante questa sfumatura) per il nuovo acquisto, qualcuno si scandalizza
perché allora significa che quel giornale in particolare è la segreta ambizione
di tutti i giornalisti della Sardegna.
Come se i
giornalisti non dovessero lavorare, essere pagati, mangiare. O come se non
potessero scegliere dove andare, per quale giornale scrivere (o fare radio,
eccetera). Come se la sostanza stessa del loro lavoro non fosse quella di
essere letti. Come se, cioè, i giornalisti dovessero essere eroi (?) o venduti
(…), senza sfumature ma soprattutto senza alcun aggancio con la realtà.
E
scrivere o per se stessi e pochi “duri e puri” (il diario segreto, il blog di
ultranicchia, ecc.), o solo contro
qualcuno, che poi a volte è la stessa cosa.
E’ stato
uno scherzo interessante che ha mostrato i meccanismi della Rete, vero “telefono
senza fili” moderno, per cui una bufala viene amplificata, presa per oro colato
perché compare su un profilo personale o su un sito a caso, discussa in
pubblico con affermazioni impegnative, come se le valutazioni che si esprimono
in Rete (l’ho già detto che è un luogo pubblico, vero?) non avessero
importanza, come se si potesse dire tutto e il contrario di tutto su qualunque
cosa.
Inoltre,
forse involontariamente, ha permesso di evidenziare alcuni forti stereotipi che
riguardano coloro che esercitano la
maledetta professione del giornalismo, investiti come sono del difficile
compito di raccontare la realtà e di dover (sottolineo dover) essere pagati.
Se il mio
macellaio o la mia estetista vogliono, giustamente, essere pagati per il loro
lavoro, perché un giornalista non dovrebbe?
E se
questo giornalista potesse essere letto ogni giorno da migliaia di persone,
perché dovrebbe rifiutare l’occasione (compatibilmente con la sua etica
personale e quella professionale)? Per militanza? Per una interpretazione
integralista delle appartenenze?
Lo stesso
discorso, ovviamente, vale per la controparte, cioè per chi decide le cose in
un giornale. Dovrebbe rifiutare l’apporto di voci nuove o contributi
interessanti perché non collimano al millimetro con la linea editoriale e
politica (che sempre c’è) del giornale (o della radio, o Tv, ecc.)?
Ma in
fondo, non è forse come cantava De Gregori?
“Un
giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo, dalla fantasia”, vero?
[E poiché tutto l’universo
obbedisce a regole misteriose, ecco che l’episodio si dipana tutto nella stessa
giornata che vede il licenziamento di 13 persone a Sardegna 1, storica
emittente isolana gestita in maniera a dir poco spericolata, che da tempo attraversa mille difficoltà e con la quale tutti
siamo solidali grazie anche alla coraggiosa azione di protesta portata avanti
dai lavoratori. Perché non è facile essere disoccupati; e non è semplice
insistere, e spiegare come e in che modo e da quanto si lotta. Coraggio,
ragazz*.]
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