L’anno
2013 è quasi finito, e quindi si avvicina il “girone di ritorno”, il secondo
bilancio annuale (io, il mio, lo faccio già a settembre, appunto Cabudanni).
Anzi, a ben vedere più che un bilancio consuntivo si tratta di una preghierina
per l’anno che verrà, molto simile a quella che avevo scritto già un anno fa.
Anzi, è un discorso istituzionale, come quello del Capo dello Stato, solo meno
retorico, eh?
E’
stato un anno buono, in cui mi sono liberata di alcune zavorre, come il surplus
di cinismo che serve a poco e paralizza molto, per conservare la giusta
quantità. Soprattutto, ho osservato me stessa dentro e fuori e mi sono
riconosciuta. E pure piaciuta, anche se va di moda l’autopunizione e la
modestia sofferente (ma io sono troppo vecchia per perdere tempo con certi
dubbi amletici). Ho imparato molte cose, e spero di aumentare esponenzialmente
la quantità e la qualità.
Cosa
ho imparato nell’anno appena trascorso? Che
nessun* è un’isola. Che la solitudine non voluta e soprattutto non goduta è
la malattia peggiore, che imbruttisce chi la pratica, anche se lo fa
volontariamente. Che invece il mondo, anche quello a noi più vicino, è pieno di
persone interessanti (io ne ho conosciute molte. Fidatevi), ma che per andare
un po’ oltre la superficie bisogna mostrarsi almeno per un attimo per quello
che si è, debolezze comprese. Ed essere disposti a farsi cogliere in
quell’attimo di verità.
Questo
significa che nell’anno che sta finendo io mi sono esposta senza rete, ho dato
fiducia a chiunque, volendo bene improvvisamente a tutti, e magari consiglio lo
stesso agli altri?
Ma proprio no, anzi il contrario: spero proprio che riscopriremo la sana soddisfazione di non piacere a
tutti, di non praticare sempre le “larghe intese” sul lavoro, in famiglia,
con gli amici, per l’umano timore di non essere abbastanza amati.
Quello
che mi auguro, e auguro anche a voi, è al contrario di poter essere il più
possibile, compromessi quotidiani permettendo, noi stessi. E potersi esprimere
ognuno a suo modo, anche nelle piccole cose. E di non avere la terribile
necessità di accontentare tutti, di essere amici di tutti, di farsi benvolere
ad ogni costo. In realtà, quello che siamo è definito e strutturato anche dalle
persone a cui non piacciamo proprio per nulla (e di cui spesso possiamo
e dobbiamo andare fieri).
Spero
che riusciremo a navigare a vista in questi tempi difficili, ad affrontare le
sconfitte senza che siano loro a sconfiggerci, a coltivare l’arte della
pazienza (la virtù degli altri) nella giusta misura, quella al confine tra il
prendere la vita come viene e l’essere presi per il culo; quella che io chiamo la
variabile impazzita, cioè la caratteristica dominante del temperamento di
una persona, è diventata un metro di giudizio anche al di fuori dei rapporti
personali. Che sia questo il futuro?
La “cifra” di una persona, soprattutto in
relazione con gli altri, che diventa fattore essenziale nel valutarla (questo,
evidentemente, vale anche in politica o negli affari). E questo, spero, aiuterà
anche nella selezione dei potenziali candidati in amore o nelle amicizie :)
E
visto che il mondo come l’abbiamo conosciuto noi sta probabilmente per finire,
quello che davvero spero per il prossimo anno è che saremo disponibili (pronti
non credo, non lo siamo mai) e bene attenti a ricevere e se necessario
cavalcare il cambiamento, in una prospettiva più di solidarietà e mutuo
soccorso che di homo homini lupus, come alcuni vogliono farci credere
sia necessario o almeno normale.
In sintesi, spero che (e ogni auspicio
è rivolto anche a me stessa):
*
troviate, o teniate stretta, una o più persone con cui viene voglia di
chiacchierare per una notte intera;
*
recuperiate le forze fisiche per farlo, cioè riusciate a stare svegli oltre le
22.30;
*
troviate o manteniate un lavoro decente (puntualizzazione necessaria di questi
tempi);
*
abbiate tempo per voi (noi stessi), anche a costo di sfiancanti algoritmi calcolati
sulle 24 ore. In mancanza della “stanza tutta per sé” anche lo sgabuzzino va bene, e perfino il garage per sbrigare la corrispondenza spicciola. Posso
garantire. Fidatevi.
*
approfittiate dei saldi per portarvi a casa quelle scarpe. Quali? Gli
stivaletti blu petrolio, le decolleétes color ciliegia tacco 10 o le malleole
grigio chiaro?
Come,
non sapete cosa sono le “malleole”? questo è oltremodo disdicevole e contrasta
con il protocollo ufficiale, ma ne parleremo un’altra volta.
Buona fine e miglior principio!
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