Gigi
Riva, mitologico campione del calcio, si ritira definitivamente a vita privata,
lasciando anche l’incarico nella Nazionale. Nella bella intervista rilasciata
al Corriere della Sera emerge la figura di un uomo normale, che invecchia e che
si emoziona troppo per continuare a reggere il pathos delle partite. Una
normalità straordinaria, soprattutto se confrontata con i tempi buzzurri che
stiamo vivendo, non soltanto nello sport o nello spettacolo, ma ovunque. Leggendo le parole di Riva mi sono molto intenerita:
«Colazione nel bar sotto casa...Prendo
caffè e brioche e vado nel mio studio, leggo i giornali - Corriere , Gazzetta e
L’Unione Sarda - e controllo se qualcuno mi ha scritto su Internet, rispondo a
tutti. Passo a salutare un amico, commentiamo le notizie. Tutte le sere ceno da
Giacomo, che ha un ristorante di pesce, ma a me prepara il minestrone di
verdure. Mangio da solo o, se capita, in compagnia. E faccio il nonno”.
Arrivò
in Sardegna molto giovane, orfano di entrambi i genitori. “A Cagliari trovai una nuova famiglia”: che ancora
lo adora, tiene la sua fotografia di quando era giovane e oggettivamente
bellissimo nelle botteghe, non lo importuna per strada, e talvolta, come accade
ai popoli che hanno un bisogno disperato di eroi, vorrebbe perfino che entrasse
in politica.
Così il leader del partito
indipendentista IRS Gavino Sale, in una altrettanto straordinaria intervista
all’Unione Sarda per la quale ho molto invidiato il giornalista, filosofeggia su
Riva: “Serve un Rombo di tuono che squarci l'orizzonte oscuro",
proponendolo come candidato per le Regionali del 2014. Il cortocircuito giornalistico accade
nell’incrocio tra i due quotidiani, per cui Riva sul Corriere si dispiace che
il giornale sardo abbia scritto “che non potrei correre per la
poltrona di governatore perché non sono sardo. Io?”.
Ho
letto l’articolo de L’Unione Sarda (qui, dalla rassegna stampa della Regione
Sardegna) e sinceramente non capisco il collegamento che fa il Corriere: dove
sta scritto che Riva non “è sardo”? Cos’e maccusu. Ma la cosa incredibile non
mi pare che siano gli equivoci, quanto la solita polemica nata sulla “sardità”
del campione, con critiche bi e tripartisan e una levata di scudi preventiva verso
chi osa mettere in dubbio l’appartenenza di Riva alla Sardegna, una
appassionata e piuttosto logica appropriazione collettiva della sua figura che
hanno totalmente messo in disparte la bizzarria della proposta politica di
Sale, e l’evidente difficoltà che si ha ad individuare un leader efficace e non
macchiettistico (quindi attrattivo anche per i non militanti, pochi duri e
puri) per l’area indipendentista.
Ora,
a me non è saltata alcuna mosca al naso anche perché Gigi Riva è la prova
vivente che sardi si può diventare, che il luogo di nascita non è fondamentale,
che la patria si può anche scegliere, e che in un certo senso anche lei ti
sceglie, ti accoglie trattandoti con normalità.
Un
dato interessante però c’è in questo episodio, e cioè l'interesse che il
riferimento all' "essere sardi" suscita sempre, perfino in casi
indubitabili come questo (mi pare ovvio che Riva sia sardo. E di dove sennò?).
E’
l’eterno ritorno dell’identità sarda, che nella sua versione “di massa” ha i
suoi corsi e ricorsi, e il suo innegabile valore, per chi la ritiene importante
e forse anche per chi non ci ha mai pensato ma, come detto, ha bisogno di eroi.
L'identità,
questa (s) conosciuta, ha anche oggi una forte potenzialità politica (quindi
elettorale). Tutto starebbe nel comprenderne la natura mutevole, sfumata,moderna.
Una “identità nuova e aperta al mondo”.
Non
necessariamente legata alla nascita né alla lingua - mi perdoneranno o, se
integralisti, forse mi guarderanno con la sufficienza tipica degli illuminati
gli amici che invece ci tengono particolarmente, a sa limba.
In
questo momento il senso dell’identità e dell’appartenenza alla Sardegna può
esercitare un fascino che contribuisca all’orientamento del voto (ovviamente in
macroaree definite), ma non vedo farne un utilizzo credibile e interessante
anche per le generazioni meno consapevoli, meno specificamente appassionate al
tema, più frettolose e affannate nel dipanare la quotidianità piuttosto che i
dilemmi dell’identitarismo, del sovranismo, dell’indipendentismo.
Come avevo già scritto mesi fa, la Sardegna
soffre talvolta di sindrome bipolare, non abbiamo ancora capito bene, a due
mesi dalle elezioni, chi siamo e dove vogliamo andare. Ma se stiamo ancora a
parlarne qualcosa vorrà pur dire.
Io,
come sempre, prediligo la vicenda personale e il ritratto umano, quindi di Riva
mi sono molto piaciute la normalità e la serenità con cui parla della sua vita
di adesso. Quanto a una ipotetica candidatura, io a questo mio conterraneo
bello e riservato direi semplicemente di scappare a gambe levate.
(foto Ansa)
Etichette: elezioni regionali Sardegna, francesca madrigali, Gigi Riva, governatore sardegna, identità, Il Corriere della Sera, indipendentismo, IRS, l'Unione Sarda, Rombo di Tuono, sardegna, sovranismo