Giornalisti anonimi/8. Un giorno tutto questo dolore ti sarà (in)utile



Al gruppo di auto-aiuto dei Giornalisti Anonimi si aggiungono ogni volta nuovi membri. La voce ha cominciato a spargersi in città e anche oltre, visto che ormai i giornali nuovi chiudono, le redazioni si assottigliano e anche le televisioni tracollano. I giornalisti sono dappertutto, li riconosci per alcuni segni particolari: frequentano posti ed eventi improbabili quali presentazioni letterarie, mostre fotografiche, appuntamenti culturali, qualsiasi occasione in cui il loro cervello possa funzionare, possibilmente esprimendosi per iscritto o oralmente, al limite anche Twitter va bene.

Nonostante l’emergenza nazionale dell’epidemia di SDVFG (Sindrome del “Voglio fare il giornalista”), che in Italia conta numeri clamorosi, i gruppi di self-help sono ancora un fenomeno di nicchia, e per il momento non fanno uso di farmaci pesanti: giusto le endovena di valeriana e qualche Ichnusa in compagnia.

Viste le risorse limitate, totalmente frutto dell’autofinanziamento dei membri (modalità largamente praticata da tutti anche professionalmente nella vita precedente), le riunioni si svolgono di solito a casa dei partecipanti, e qualche volta, eccezionalmente, in luoghi pubblici di particolare valore simbolico, secondo una impostazione radicale della terapia.

L’ottava seduta si svolge a casa di Pietro. Sui quarant’anni, è ancora dentro alla dipendenza fino al collo. Alterna periodi di euforia, corrispondenti ai picchi di lavoro, con altri di depressione latente, dovuti al curioso fenomeno dell’osservazione della realtà per come è: un deserto del Gobi. Altri sono messi anche peggio: per via della SDVFG nella fase iniziale, si sentono reporter d’assalto già al primo articolo, editorialisti a 25 colonne, opinionisti e tuttologi su qualsiasi argomento, dalla ceretta brasiliana alla fisica quantistica.

“Ufff”, sbuffa una ragazza in un angolo rivolgendosi alla vicina di sedia “ma secondo te dovrei modificare le impostazioni del mio blog e definire i post ‘editoriali’? sa più di fascino e sintomatico mistero, anche se poi sono solo le ricette di mia nonna…”.
L’altra salta sulla sedia, guardandosi attorno: “ma non sai che è vietatissimo continuare a tenere il blog?!”

Il padrone di casa invita al silenzio: “benvenuti, oggi siamo qui riuniti per la nuova seduta del nostro gruppo di auto aiuto, per cercare di cambiare le cose che possiamo cambiare e accettare quelle che non possiamo cambiare o come cazzo si dice, nel frattempo sperando di non scivolare nel lato oscuro della Forza...ah quella è un'altra storia? vabbè va, cominciamo. Oggi sono previste diverse testimonianze, cerchiamo di seguire la scaletta...”

Si ode una musica soffocata, e dopo qualche secondo si intuisce che è la suoneria di un cellulare. Mormorio in sala: è proibito  tenere accesi i dispositivi tecnologici di ogni tipo, soprattutto se possono portare informazioni. Quindi  i telefoni, i pc, i tablet devono rimanere spenti, anche per favorire la disintossicazione. Il risultato è che 9 su 10 partecipanti soffrono di un lieve tremore. Il decimo è quello che aveva il cellulare acceso.

A Pietro trema la voce: “Per cortesia! Spegnere i cellulari, grazie! Si era detto che gli stimoli esterni possono soltanto minare la volontà di recupero, le nostre buone intenzioni di cambiare vita, o meglio di riappropriarci di una vita....
Una ragazzetta interviene: “ieri ho letto che vogliono dare la laurea ad honorem a Fabio Volo…io non capisco…ma è vero che scrive anche sui giornali? Io non capisco il concetto di cultura in questo Paese…”

Con la cultura non si mangia”, la interrompe seccamente una voce dal fondo. E’ Valeria, la coordinatrice della seduta precedente.
Lei credeva di esserne uscita, poi ha capito che quel romanzo nel cassetto che ha lì da un po’ di tempo è un pericoloso sintomo di una possibile ricaduta e che ha bisogno di qualche seduta di mantenimento. Ha deciso anche di confessare: “Io prima, prima, scrivevo a questo mi faceva sentire bene. Ora, ogni tanto, ci provo, ma…ora mi sembra un naufragio!

Un ragazzo piagnucola su una sedia, episodio piuttosto frequente durante le sedute. Il racconto degli altri può infatti scatenare reazioni imprevedibili oppure, come nel caso dell’ipnosi regressiva, portare in superficie ricordi che si credevano rimossi. Il ragazzo si chiama Michele, e singhiozzando con dignità racconta: “Scusate…a proposito di naufragi mi è venuto in mente quel collega più anziano che una volta mi disse che io e quelli come me siamo e saremmo sempre stati come i mozzi delle navi, i lavapiatti dei ristoranti, i clandestini del mestiere….io guardavo a lui come ad un possibile maestro che potesse passarmi il testimone, scordandomi del fatto che perché un giornalista smetta è necessario che muoia. La pensione non esiste per i giornalisti (ma la Cassa sì, eccome! NdR). E lui mi disse così: mozzo, lavapiatti….mentre stava comodamente su una nave da crociera, lui!

“Non fare così, però”, Valeria gli porge un pacchetto di fazzolettini intonso. “Di gente così è pieno il mondo, in fondo voleva soltanto avvertirti…non è una questione di cattiveria, ma di necessità di sintesi, no? Pensa che io mi sono sentita dire che sono astiosa, fallita e inadeguata perché…perché…aspetta che non ricordo….boh, chi me l’ha detto avrà avuto i suoi motivi, indubbiamente. Semplificare, amico mio, semplificare…per categorie è anche meglio! Mozzi e capitani, precari e strutturati, invisibili e visibilissimi.
Così va il mondo. E tu devi in qualche modo impararlo, prendi esempio da me: sono partita dal nulla e ora sono poverissima (cit.), dopo quindici anni a fare, appunto, la lavapiatti!”

Pietro prende in mano la situazione ormai avviata a una brutta piega, e: “E’ inutile colpevolizzarci: non è del tutto colpa nostra. Cioè, un pochino sì, perché è chiaro da tempo che è più facile vincere al totocalcio che avere un contratto, però dobbiamo anche capire che non ci può essere consolazione o soluzione al di fuori di noi: insomma, un giorno tutto questo dolore ci sarà (in)utile. Propongo di fare una cosa diversa la prossima volta. Qualcosa di veramente efficace, che ci metterà alla prova. Ma dovete esserne convinti tutti, e se riusciremo a superare questa prova, allora ne trarremo una infinita forza.

Abbassa la voce, e sussurra: “……..”

Cala il silenzio nel piccolo soggiorno inondato di luce. Il tempo a disposizione è finito, i presenti si alzano e si dirigono rapidamente verso l’uscita, inciampando in alcune pile di giornali : sono quelli in cui il padrone di casa scriveva, un tempo.
Appena fuori, in strada, tutti riaccendono il telefono; è ora di seguire l’evento X o le ultime notizie Y commentandole in tempo reale, in un tripudio di squilli e cinguettii. In fondo, pensano, anche questo è giornalismo.

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