L'intervento di Enrico Lobina è pubblicato anche sui siti
di Vito Biolchini, Enrico Lobina, della Fondazione Sardinia, su Tramas de Amistade e su Aladinpensiero.
Il 2013 è l’anniversario
del tentativo – fallito – di riforma del regime dei suoli, operato dal
democristiano Fiorentino Sullo nel 1963. La riforma prevedeva la prevalenza,
nella pianificazione urbanistica, dell’interesse generale rispetto a quello
privato.
La rendita è un guadagno
non legato al lavoro, bensì al semplice possesso di un terreno, che per qualche
ragione aumenta di valore. L’aumento è legato al fatto che un PUC stabilisce
che in quel terreno, dove prima non si
poteva costruire, ora si può. In linea di massima, questo atteggiamento ha
fatto del male alle città, a chi ci abita ed al paesaggio.
Fiorentino Sullo voleva
riportare quella rendita nella sfera del pubblico, mediante uno schema di
appropriazione pubblica della rendita.
Per dare un senso della
portata della riforma, si sappia che il tentativo di colpo di stato del
generale De Lorenzo, progettato in quegli anni, non aveva come obiettivo
principale il centrosinistra dei primi anni sessanta, come molti hanno scritto
e sostenuto, bensì la
riforma Sullo.
Contro Sullo si scatenò
una violenta campagna denigratoria. Il suo partito lo abbandonò e da allora si
smise di parlare di riforma del regime dei suoli. Nessuno, a parte il
dipartimento di Architettura di Alghero, ricorda lui e quel progetto di
riforma.
Ancora oggi sarebbe
necessaria una legge su questi temi, che rimetta in discussione il “terribile
diritto”, per riprendere una espressione usata, tra gli altri, da Stefano
Rodotà e Paolo Carrozza. Il terribile diritto sarebbe la proprietà fondiaria,
quando questa diventa un ostacolo alla realizzazione di spazi buoni. Per
proprietà fondiaria intendiamo la proprietà sul fondo, sia esso rurale o
urbano, così come stabilito dal codice civile.
Le questioni della
rendita, dell’urbanistica, dei palazzinari e delle politiche abitative ruotano
tutte intorno a questi temi.
Le posizioni che
rivendicano il primato dell’interesse generale sull’interesse particolare della
rendita vincono se hanno una base sociale e storica che li sospinge. Di questa
base sociale e storica fanno parte tutte le vittime della precarietà abitativa.
Il sindaco di Cagliari, in
campagna elettorale, raccontava come in Olanda se una persona scopre che una
casa è disabitata, e poi nei tre anni successivi rimane disabitata, può
entrarvi e utilizzarla come proprio alloggio, se ne ha bisogno.
A Cagliari viviamo una
situazione abitativa esplosiva, di cui già si occuparono, spesso con successo,
i movimenti per la casa degli anni settanta.
Esistono due Cagliari. La prima Cagliari è
quella dei dipendenti pubblici e para-pubblici, delle professioni, i cui figli
vanno a scuola e all’università, leggono i blog e i giornali.
C’è, poi, una seconda Cagliari, che non legge i nostri blog, o li legge
raramente, la quale spesso è immersa
nella precarietà abitativa: poco meno di 1.000 famiglie sono in graduatoria per
un alloggio popolare, circa 400 chiedono una casa anche con standard minori ai
limiti di legge (case-parcheggio), e secondo l’ultimo censimento sono più di
1.000 le famiglie in coabitazione. Tra case popolari del Comune e di AREA, sono
circa 6.000 le famiglie che abitano in alloggi ERP (Edilizia Residenziale
Pubblica).
A questo aggiungiamo che
secondo il Ministero degli interni nel 2012 gli sfratti in Sardegna sono
aumentati del 77%, quasi tutti per morosità incolpevole, cioè una morosità
dovuta ad una situazione economica negativa sopravvenuta. Stanno ricominciando
le occupazioni, dalle abitazioni dell’Aeronautica militare di Monte Urpinu a
tutta l’area di Calamosca. E non solo.
In questo contesto,
Cagliari ha più di 5.000 appartamenti sfitti, e interi quartieri (vedi
lottizzazione Magnolia, a Genneruxi) dove non abita nessuno.
Intere aree andrebbero
recuperate, e moltissimi volumi, attraverso processi di auto-recupero e
riqualificazione, restituiti a chi ha diritto ad una casa. Non è costruendo
nuovi volumi che si risolve la precarietà abitativa: la storia recente l’ha
dimostrato.
È questa la base sociale e
politica a cui guardare per discutere del nuovo rapporto tra proprietà privata
dei suoli e delle abitazioni, governo del territorio e precarietà abitativa.
Altrimenti ogni illuminato, come Sullo e altri che di recente hanno provato a
fare politiche simili in Sardegna, sarà spazzato via da chi ha la maggioranza
delle leve del potere.
Enrico Lobina
Etichette: Cagliari, casa, edilizia, enrico lobina, Fiorentino Sullo, francesca madrigali, precarietà, proprietà privata, suolo pubblico