Quale può essere
oggi il concetto di maestro, mentore, guida? Un tempo non molto lontano, ma dal quale sembriamo
lontani e separati anni luce, il mentore non era un “papi” che ci faceva un
favore o ci ingaggiava a pagamento, un accozzo che ci sistemava dietro
ricompensa presente o futura, un protettore di solito politico o presunto tale
delle cui promesse eravamo disperatamente obbligati a fidarci.
Il buon maestro insegnava e raddrizzava, sperabilmente con la
durezza necessaria e utilissima, e magari trasmetteva pure i fondamentali di un
mestiere, talvolta – nei casi più fortunati- anche della vita. Parlo al passato
perché oggi è praticamente
impossibile imbattersi in queste figure mitologiche, che
abbiano voglia, tempo e (dis) interesse a praticare la nobile arte della
conoscenza di un altro essere umano, il quale a sua volta dovrebbe essere
disposto all’umiltà e al confronto, nonché agli inevitabili cazziatoni.
E’ invece frequentissimo l’incontro
con i cattivi maestri, che attenzione non sono quelli che se li
conosci li eviti, ma esattamente quelli che non puoi evitare, o ci cui ti
accorgi troppo tardi, mentre già sei impelagato in uno dei mondi paralleli in
cui essi abitano.
Entrambi hanno una
funzione importantissima, ma mentre i cattivi maestri abbondano, o perlomeno ne
incontriamo almeno uno nella vita, è dei primi- i maestri veri, i mentori- che
si soffre la scarsità, mentre ce ne sarebbe un grande bisogno.
Un maestro (il termine è ovviamente riferito anche al genere femminile) che
guida e fa, non semplicemente insegna; che sostiene e appoggia le inclinazioni
dell’allievo/a, al quale trasmette conoscenza e con il quale scambia amicizia: è
merce rara, un po’ per via del reducismo che infesta molti mestieri e impedisce
il passaggio di consegne, o forse perché siamo un Paese che vive il paradosso
di una gerontocrazia che schiaccia i (nonpiù) giovani e però, nella
quotidianità, marginalizza gli anziani, perché fascia “debole”.
Senza un mentore bisogna
fare da soli, magari facendo “rete” con altri come noi, in una trasmissione
“orizzontale” della conoscenza, più paritaria forse, ma anche più faticosa e meno
affascinante. Non sono mai stata certissima dell’efficacia del vecchio adagio
“chi fa da sé, fa per tre”, o forse, semplicemente, mi illudo che
Quando l'allievo è pronto, il maestro arriva.
(detto Buddhista)
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