Oggi, insieme ai siti di Enrico Lobina, della Fondazione Sardinia, su Tramas de Amistade , Vito Biolchini e Aladinpensiero, Tottus in Pari e Sardegna Soprattutto, propongo l'intervento di Nicolò Migheli. Buona lettura.
*******
Ci rubano la fonte della vita e
la chiamano sostenibilità. Mai
parola venne così stravolta nel significato. Da quando la giunta di centro
destra si è insediata vi è un attacco continuo ai terreni agricoli della
Sardegna. Un susseguirsi di iniziative sull’eolico, centrali a biomasse, impianti
fotovoltaici, ed infine ricerche di metano ed energia geotermica. Un assalto che interessa tutta l’isola, in
particolare la pianura del Campidano,
l’ex granaio di Roma che ha prodotto cibo
per millenni.
Ultima di queste iniziative una mega centrale da 100 GWh, da
realizzare a Vallermosa.
Centotrentotto ettari di terreno fertile, 3500 specchi, una torre alta 200 metri su cui verranno
convogliati i raggi solari. Una centrale a biomasse da 1 Mgw, un invaso di 31.000 metri cubi
d’acqua. Un investimento di 250 milioni
di Euro proposto da Sardinian Green Island di Alberto Scanu, presidente
della Confindustria Sardegna e l’ASC Cobra di Florentino Pérez presidente del
Real Madrid.
Impianto descritto ad “impatto
zero” che sorge vicino ad un insediamento nuragico e che dovrebbe
contemplare anche un grande uliveto. Ormai però si è capito che la produzione
agricola è solo il velo su cui nascondersi. Le campagne sarde sono piene di serre
fotovoltaiche che non producono nulla, se non certificati verdi che alimentano i bilanci delle imprese proprietarie. A tutto questo si
somma la decisione di coltivare cardi
in tutta l’isola per le bioplastiche.
Tutto in assenza di un qualsiasi piano che determini il bisogno
energetico della Sardegna per gli anni a venire. Questo in una terra che
importa circa l’ottantacinque per cento del proprio fabbisogno alimentare. Un
Far West di irresponsabilità, un correre a svendere
il terreno agricolo per trenta denari.
La fonte della nostra sopravvivenza. Non c’ è più memoria della fame diffusa.
Le generazioni nate dopo la II GM, sono le prime che in Sardegna hanno avuto tre pasti al giorno garantiti. Sarà
sempre così? Il cibo che ci occorre sarà per sempre disponibile nel primo
supermarket sotto casa?
Il finanziere George Soros, quello che con le sue speculazioni fece
uscire la lira dallo SME e provocò la crisi della sterlina britannica, negli
ultimi anni ha investito i suoi ingenti capitali in terreni sudamericani;
dichiara che: “Il miglior investimento
al mondo sono i terreni agricoli.” Lui ha lo sguardo lungo. Nel 2050 è previsto che il mondo avrà nove
miliardi di abitanti. La FAO dichiara che le produzioni agricole dovranno essere incrementate del settanta per cento. La produzione di
cibo è ridiventata un bene strategico,
in un mondo in cui le terre fertili diminuiscono costantemente a causa
dell’eccessivo sfruttamento, la
desertificazione, i mutamenti climatici e la penuria d’acqua dolce. Le
prossime guerre verranno combattute anche per il pane. Come è sempre avvenuto
nella storia dell’uomo.
Maurice Le Lannou, un geografo francese autore di un testo
fondamentale sull’agricoltura sarda, salendo sulla collina di Monastir e
guardando al Campidano, ebbe a dire. “Ora
capisco fin in fondo il senso della seconda Guerra Punica.” Dal 2000 ad
oggi, secondo l’ONG Oxfam (rapporto del 2012), una superficie grande come sette volte l’Italia è diventata,
proprietà di gruppi finanziari, multinazionali dell’agribusiness, monarchie
arabe, Corea del Sud, Cina, Giappone, India. Tutti soggetti che cercano di
garantire cibo alle proprie
popolazioni o redditi alti.
Una caccia ai terreni fertili che in Africa a raggiunto una ampiezza
pari alla superficie del Kenia. Un
furto legalizzato che ha assunto le
forme di piaga sociale, con
l’espulsione dei contadini locali e la riduzione alla fame di intere
popolazioni. I cinesi fanno di più, perché importano persino i propri contadini.
Molti di quegli espulsi ce li ritroviamo poi nei barconi della speranza. Land Grabbing, furto di terreni. In
maniera non così sfacciata è quello a cui stiamo assistendo qui da noi.
Secondo Oxfam il fenomeno
lo sia ha quando vi è: Violazione dei diritti
umani e dell’eguaglianza delle donne;
assenza di consenso libero ed
informato; mancanza di valutazione
sugli impatti ecologici, economici e sociali; assenza di contratti trasparenti; mancanza di pianificazione condotta in
maniera democratica con supervisione
imparziale. Eccetto il primo punto, gli altri, nei più dei casi, riguardano anche le iniziative del
business energetico sardo. Ad esempio chi dovrà smantellare gli impianti a fine ciclo? Il proprietario
del’impresa o quello del fondo? Le centrali a biomasse sono veramente sicure
per l’ambiente e la salute delle
popolazioni? Tutte domande che vorremmo avessero risposta certa.
Solo che quando le si pone si è
accusati di non volere le iniziative che portano il progresso, di essere contro l’industria, quella verde per di più. Non esiste dibattito
e quando avviene, come nel caso di Arborea, si scopre che i comitati contro hanno più argomenti dei proponenti
l’iniziativa. Il nodo centrale è che il terreno
agricolo, fermo restante la proprietà privata, deve essere considerato bene comune. Oggi lo è in parte grazie
al PPR, però non essendoci piano energetico si ricade nella contraddizione. La
terra è un bene troppo prezioso, per noi
e per le generazioni future, per comprometterlo con iniziative sconsiderate.
L’approvvigionamento alimentare
diverrà problematico. Pochi controlleranno
il cibo del mondo; saranno loro che decideranno a chi darlo e a che prezzo e a
quale condizioni. Chi ha responsabilità di governo verrà
ricordato per quel che ha fatto oggi. Il centro destra di Cappellacci e la
mancata opposizione in Consiglio, resteranno come l’amministrazione che più si è data da fare per svendere il futuro alimentare dei Sardi.
Chi verrà eletto prossimamente al
governo della Regione dovrà invertire
questa tendenza. Ne va della nostra sopravivenza.
Sempre che ci interessi ancora.
Nicolò Migheli
Etichette: biomasse, francesca madrigali, land grabbing, nicolò migheli, sardegna, sostenibilità