L'intervento dell'anonimo "Frantziscu" è pubblicato anche sui siti
di Vito Biolchini, Enrico Lobina, della Fondazione Sardinia, su Tramas de Amistade e su Aladinpensiero.
Caro
Efis,
scrivo a te, e vorrei parlare a ciascun giovane di Cagliari portando a termine
le mie riflessioni su questa domenica trascorsa insieme, prima che ulteriori e
nuovissimi problemi richiamino la mia attenzione e le mie fatiche. Ti chiamo
Efisio, mi hanno informato che è il nome del vostro santo protettore, anche se,
mi dicono, i genitori non lo danno più ai bambini e, nel caso, non lo direbbero
nella vostra lingua.
Non mi sorprende, questo aspetto della rinuncia alla tradizione e la malintesa
preferenza per il nuovo. L’ossessivo entusiasmo per il progresso, iniziato nei
Paesi occidentali, finisce di percorrere tutte le plaghe del mondo. Esso ha
sollecitato positive aspirazioni alla crescita dell’individuo anche nel mondo
economicamente meno sviluppato, ma spesso si è ritorto contro i popoli e le
nazioni, contro la loro identità collettiva, di cui quello della fede cattolica
rappresenta un aspetto non marginale. Per questo molti paesi, tante città
dell’Occidente, non hanno più un nome per i loro cittadini, perfino si
vergognano di quello passato, volentieri lo perdono. Il nome invece, secondo
quanto leggiamo nelle Scritture, esprime la funzione di un essere
nell’universo. Dio porta a termine la creazione dando il nome alle creature,
giorno, notte, cielo, terra, mare, designando ciascuno degli astri con il suo
nome, o incaricando Adamo di dare un nome ad ognuno degli animali. A loro volta
gli uomini daranno volentieri un nome ai luoghi e agli eventi significativi di
cui segneranno la propria esistenza.
I genitori ti chiamano per nome: esso è voce e canto, consolazione e
ammonimento, incitamento e promessa. Incomincia come puro ascolto fra le
braccia di nostra madre e ci ritorna nelle orecchie quale mozione d’affetto
nelle nostre ultime ore.
Mi sono
informato su come chiamate ‘il padre’ nella vostra lingua, “Babbài”. Mi
raccontano che è nome antico, arriva addirittura dalla vostra antichissima
civiltà. La preghiera nella vostra lingua, allora, appartiene all'immaginario
religioso più profondo delle genti sarde, continuamente rivissuto e
investito nella pratica di fede del proprio tempo. Grazie al rito la comunità
si ritrova come popolo credente e sfugge al rischio di diventare "pubblico"
o peggio di essere "massa". Il rosario in lingua sarda, quindi, non è
una recita arcaica, datata, perché il tempo dell'atto di fede non è
cronologico, ciascuna volta trova il suo rinnovamento.
Non fraintendermi, non sto rimproverando i tuoi genitori, parlare del tuo
nome armonioso mi serve da spia per capire e mi offre l’occasione per le
osservazioni che mi sono sorte nella mente mentre mi informavo sulle
caratteristiche del popolo e della terra che mi accingevo a visitare. Ne ho già
parlato: la venuta a Cagliari rimanda ad un moto di affetto alla mia città ed
alla ‘vostra’ Madonna. Il mio caro amico mons. Angelo Becciu, conoscendolo,
l’ha gentilmente sollecitato, questo sentimento, e ben volentieri inizio le mie
visite in Italia da un popolo che tanto ricorda il mio, persino in alcuni dati
fisici.
Voi sardi siete il popolo più meridionale d’Europa, affacciandovi nel
Mediterraneo al Continente africano dove la Chiesa vive già la scommessa sul
proprio futuro. E’ in quel Continente che la Chiesa cattolica verrà giudicata
sulla reale vicinanza ai poveri e sulla permanente capacità di annunciare la
‘buona novella’. Anche voi sardi siete un concentrato di possibilità e di
speranza. L’Occidente sta rinunciando a Cristo ed alla sua civiltà, nuovi
continenti invece gli si stanno facendo più vicini. Nuovamente noi, discepoli
di Gesù, riprendiamo e continuiamo il viaggio per annunciare la realtà della
sua venuta e la nostra certezza del suo ritorno. Di questo voglio
parlarti, caro giovane sardo e amatissimi fratelli che percorrete nella bella
isola di Sardegna la vostra esistenza verso il Cristo che ci salva.
Siete una terra e un popolo di confine! Potrete ritrarvi o passarlo, questo
limite, con le innumerevoli possibilità che la storia vi offre. La Chiesa è con
voi per/verso quello che vorrete osare. E’ il versante secolare della fede in
Cristo, Lui che ci attende innanzi nel percorso della individuale e collettiva
storia di salvezza. Non perdete il vostro coraggio e la fede nelle risorse del
vostro popolo, quelle che le hanno fatte arrivare fino ad ora nonostante le
traversie della storia. Costruite la vostra prosperità attraverso ciò che il
Creatore vi ha donato e che nessuno ha il diritto di sottrarvi o di valorizzare
al vostro posto.
Siete la speranza del mondo, anche voi giovani di Sardegna! Siate positivi,
rifiutate l’inconcludenza delle lamentele, sperimentate senza paura di
sbagliare, collaborate gioendo delle comuni fortune. Non abbiate paura di
navigare verso l’ignoto dove lo Spirito provvede ad aiutarvi quando cadrete, a
consolarvi quando soffrirete e a stimolarvi quando stanchezza e amarezza
vorrebbero farvi smettere.
Siete l’amore del creato, voi giovani, figli miei, cui per primi spetta il
compito di salvare le creature dai danni che l’amore per il danaro, l’egoismo e
la follia degli uomini quotidianamente rovinano.
Leggo negli importanti atti del Concilio Plenario Sardo del desiderio della
Chiesa di Dio che sta in Sardegna di crescere nel coraggio e nella capacità di
incidere su certe strutture di peccato ((4, §3), esterni ed interni al nostro
mondo. Lo so, i limiti umani accompagnano anche gli uomini e le situazioni
della mia Chiesa. Per questo avrei bisogno che taluni tra di voi, giovani tra i
migliori, si dessero disponibili a venire con me e con gli altri vescovi a
portare per il mondo la buona novella del vangelo. Lo sottolineo: non ho
bisogno di preti/religiosi per tenere aperti i meravigliosi monumenti del
passato che, costruiti con le ricchezze della gente, è bene che ad essa
ritornino. Non è più urgente invitarvi a dedicare la vostra vita a tenere
aggiornati i registri dei sacramenti. Ho bisogno di gente amante del viaggio,
che si muova con la sola “bisaccia ed i calzari”. Gesù Cristo domanda giovani
innamorati, disposti a vivere con passione la spinta a comunicare ciò che loro
per primi hanno scoperto. Sono sicuro che al Signore basterebbero anche pochi
che si dedichino totalmente al suo messaggio.
Tutti voi, giovani cristiani, siete però impegnati a vivere con gioia il
percorso della luce portata da Cristo Gesù nel mondo. Crescete, moltiplicatevi,
possedete la terra, ad iniziare dalla vostra. Difendete la terra che i vostri
padri, già in tempo antico, hanno ‘nominato’ e vi hanno lasciato, per lasciarla
anche voi migliorata ai vostri figli. Traetene prosperità per voi e per chi è
bene che accogliate. La crisi che vivete volgetela al bene, quale occasione per
costruire una Sardegna dove l’uomo e la donna vengano prima del ‘dio danaro’,
dove al lavoratore venga restituita la dignità e dove l’emarginato venga
seguito ed aiutato senza che provi vergogna.
Un’ultima osservazione, e non vi sembri strana. Ascoltando le parole del
giovane pastore e salutando il pescatore dai piedi scalzi sono riandato ai due
mestieri più apprezzati nelle parole di Gesù. E per un attimo mi son soffermato
sull’idea che nessuno tra i tanti confratelli che nel tempo sono andati a fare
i ‘preti-operai’, nessuno sia stato pastore o pescatore. Lo sottolineavano per
voi anche le parole del pastore barbaricino. Una sorpresa, le cui motivazioni,
esplorate, potrebbero risultare mutuamente utili. Chissà se ne riparleremo…
Vorrei dirvi tante cose, sono stato veramente bene con voi nella vostra città
in questa splendida giornata di settembre, in questa domenica che veramente è
stata per tutti ‘il giorno del Signore’! Altre cure e altri fratelli mi
attendono. Voi rappresentate la prima città italiana, dopo Roma, che visito nel
mio nuovo ministero. Avete accolto molto generosamente questo Papa neofita ed in
prova. A qualcuno della vostra città sarà forse dispiaciuto il disturbo che la
mia visita potrà avere arrecato. Arriverà, di certo, il tempo quando un Papa
potrà spostarsi nel mondo senza le innumerevoli complicazioni che talora
tediano gli altri quanto lui stesso.
Vi porterò nel cuore, miei fratelli sardi carissimi. Continuiamo a volerci bene
pregando il Signore gli uni per gli altri.
Vi saluto. Abarrai
cun Deus: in nomini de su Babu, su Fillu e de s’Ispiritu Santu, Amen.
Frantziscu
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