Chi la dura la vince, e comunque dobbiamo
provarci, ad uscire dal nostro problema. Non si può passare tutta la vita a sconchiare in Rete i vari giornali,
siti, blog e social network: la vita sociale, che già traballava quando (e se)
si lavorava, adesso è alla frutta. Quindi, hanno pensato i Giornalisti Anonimi,
diamoci una possibilità di riscatto, magari ci verrà voglia di fare il
découpage o ci appassioneremo davvero alle ricette di Benedetta Parodi, fulgido
esempio del fatto che senza giornalismo si può vivere- anche meglio di prima!
Il
terzo incontro del gruppo di self-help dei Giornalisti Anonimi si svolge, come
il secondo, in casa di uno dei G.A.: anche facendo una colletta, infatti, non
si è riusciti a racimolare il denaro per affittare la saletta parrocchiale
della prima riunione, e quindi si è deciso per degli incontri “casalinghi”.
Stavolta la casa è nuovissima, la tipica abitazione a schiera giallo ocra con
balconcini in ferro battuto collocata insieme ad altre in un punto imprecisato
dell’area vasta della città. Intorno, il nulla: giusto un supermercato e una
area verde con un piccolo scivolo per bambini.
Il padrone di casa (di seguito PdC) sembra imbarazzato. Si scusa:
PdC: “Ecco, grazie a tutti per
essere venuti, so che è un po’ lontano ma d’altronde…”
Una dei partecipanti, una ragazza pallida
sui trent’anni, lo interrompe con gentilezza: “ma no, dai, sono solo 15 km. in linea d’aria dalla
città, mica è New York”
Nella
sala si levano mormorii educati di assenso, ma in realtà tutti- anche
l’incolpevole PdC- sanno che per un Giornalista Anonimo 15 chilometri dalla
capitale del Mediterraneo sono tanti, troppi.
O abiti nell’estremo centro, o ti senti, impietosamente, sulla
luna. O in su corru ‘e sa furca,
diciamo. Mica tutti sono per la vita bucolica, no? Comunque la riunione
riprende.
Il
padrone di casa, un po’ tranquillizzato, si alza in piedi: “Buongiorno a tutti, e benvenuti a casa mia. Siamo
qui riuniti…”
Tutti,
in coro: “perchè abbiamo un
problema!”
PdC: “è vero, ce l’abbiamo, ma stiamo lavorando duro,
facciamo il possibile e cerchiamo di vedere il lato positivo!”
Applausi. Prende la parola la ragazza
pallida: “Buongiorno, mi chiamo Maria e ho un problema”
Tutti: “Buongiorno, Maria, dicci quale è il tuo
problema”
Maria: “Ecco, io credo di avere un problema di
autostima”
Interviene un ragazzo nell’angolo del
soggiorno: “Quello ce l’abbiamo tutti, cara. E’ una conseguenza dell’aver
studiato, lavorato per pochi euro a pezzo e insomma fatto ciò che consideravamo
giusto per poi ritrovarci qui- senza offesa, s’intende”.
Maria: “Sì, ma io non avevo mai avuto di questi
problemi, prima. Cioè, andavo per la mia strada, e anche quando ho smesso di
lavorare, all’inizio sempre meno e poi il niente assoluto, non stavo così male.
Pensavo: è la selezione naturale, rimangono soltanto i più bravi…e mi sembrava
giusto, anche”.
Mormorii
in sala, qualcuno si agita sulla sedia. Una ragazza – Francesca- prende la
parola.
“Buongiorno, mi chiamo Francesca e ho un
problema. Ora che l’ho detto vorrei aggiungere due cose a quello che dice
Maria…”
Il
padrone di casa gira per la stanza distribuendo caffè da un thermos e
controllando con la coda dell’occhio il suo Ipad che giace sul tavolino
dell’ingresso. Spento(l’assenza di stimoli è fondamentale).
Maria: “Un attimo, non ho finito. Volevo dire che
all’inizio mi accontentavo di quello che avevo – cioè pochissimo- perché la mia
autostima è sempre stata ottima, e visto che spesso mi dicevano che ero brava,
tutto coincideva…lavoravo duro e cercavo di vedere il lato positivo, insomma!
Però poi…”
Tutti: “Poi??”
Intanto,
Francesca chiede di andare in bagno. Ha una leggerissima nausea, e il racconto
di Maria sta peggiorando la sensazione. Va in bagno, si sciacqua la faccia e
torna, un po’ rinfrancata.
Maria continua a raccontare:“…poi ho cominciato ad accorgermi che i
“brava” e “bravina” si moltiplicavano, ma perfino a smistare gli Sms al
giornale ci mettevano un Accozzolo. E poi leggevo cose incredibili sui
giornali…”
Francesca interviene, a voce un po’ troppo
alta: “Mucche che attraversano la strada, cani che occupano i parcheggi,
motozappe che impazziscono e perfino l’arrivo di una cigna nel laghetto del paese…una
cigna, c’era scritto…”
Tre
o quattro persone tirano fuori i sacchetti di carta e cominciano a
iperventilare, soffiandoci dentro molto forte. Il padrone di casa cerca di
rassicurare tutti:
“Coraggio, sono cose che succedono…mica si
può vivere di soli approfondimenti, o di politica, di cultura…di congiuntivi
corretti, di uso non compulsivo delle maiuscole… non facciamo i vecchi come al
solito, dobbiamo essere moderni, social, capire cosa tira…e cosa tira?”.
Francesca mette giù il sacchetto di carta ed
esclama, stridula: “beh, sappiamo benissimo che tira di più una fotogallery
porno gossip che un editoriale serio, per dire”.
Cala
il silenzio.
Maria: “comunque io vorrei concludere, ecco, è solo una
testimonianza la mia, so che non c’è soluzione...”
PdC: “non dire così, Maria, a tutto c’è la soluzione. Per
esempio, so che è possibile diventare analfabeti di ritorno, impegnandosi e
magari prendendo lezioni da chi già lo è.
Qualche ex collega si è sottoposto al trattamento e ora sta meglio, non
legge nemmeno più il giornale al bar”.
Maria: “ah, sì, ehm. Magari ci penso, eh? Volevo solo
dirvi che dopo tutti questi episodi la mia autostima ha avuto un andamento
bipolare, va su e giù come le montagne russe, non so che fare. Spero che
qualcuno mi dica che sono scarsa, molto, così finalmente potrei darmi pace,
tutto avrebbe una logica…e magari troverei lavoro!”
I
partecipanti si guardano. Il padrone di casa da l’ok: “Va bene Maria, ripeti con noi: sono-scarsa- sono
scarsa- sono scarsa. Ti senti meglio? Forse dovresti astenerti un po’ dalla
scrittura, ti farebbe bene. E poi, ripensa a cosa hanno detto alla tua collega
Francesca: ‘meno male che non lavori, visto l’ambiente’! A voi tutti ricordo di
non consultare Facebook più di due o tre volte, di evitare accuratamente tutti
i giornali o presunti tali che avete nella lista che vi ho distribuito, di
contattare i colleghi soltanto in caso di assoluta necessità.
E smettete di toccarvi le parti intime ogni volta che sentite pronunciare la parola “giornalista”! non è vero che
porta sfiga…non perché è successo a voi, deve poi succedere a tutti!”.
Tutti si
alzano dalla sedia, si salutano velocemente, lo sguardo basso. Il padrone di
casa rimette a posto le sedie e nel
frattempo accende l’Ipad, toccandosi discretamente i gioielli di famiglia, nel
tipico gesto anti-iella.
Gli altri, appena fuori, riaccendono lo smartphone. Maria e Francesca si allontanano insieme,
mute. Un coro di notifiche turba la tranquillità desertica di quell’angolo di
nulla.
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