Giornalisti Anonimi/3. “E smettete di toccarvi ogni volta che sentite pronunciare la parola “giornalista!”

Chi la dura la vince, e comunque dobbiamo provarci, ad uscire dal nostro problema. Non si può passare tutta la vita a sconchiare in Rete i vari giornali, siti, blog e social network: la vita sociale, che già traballava quando (e se) si lavorava, adesso è alla frutta. Quindi, hanno pensato i Giornalisti Anonimi, diamoci una possibilità di riscatto, magari ci verrà voglia di fare il découpage o ci appassioneremo davvero alle ricette di Benedetta Parodi, fulgido esempio del fatto che senza giornalismo si può vivere- anche meglio di prima!

Il terzo incontro del gruppo di self-help dei Giornalisti Anonimi si svolge, come il secondo, in casa di uno dei G.A.: anche facendo una colletta, infatti, non si è riusciti a racimolare il denaro per affittare la saletta parrocchiale della prima riunione, e quindi si è deciso per degli incontri “casalinghi”. Stavolta la casa è nuovissima, la tipica abitazione a schiera giallo ocra con balconcini in ferro battuto collocata insieme ad altre in un punto imprecisato dell’area vasta della città. Intorno, il nulla: giusto un supermercato e una area verde con un piccolo scivolo per bambini.
Il padrone di casa (di seguito PdC) sembra imbarazzato. Si scusa: 

PdC:
“Ecco, grazie a tutti per essere venuti, so che è un po’ lontano ma d’altronde…”

Una dei partecipanti, una ragazza pallida sui trent’anni, lo interrompe con gentilezza: “ma no, dai, sono solo 15 km. in linea d’aria dalla città, mica è New York”

Nella sala si levano mormorii educati di assenso, ma in realtà tutti- anche l’incolpevole PdC- sanno che per un Giornalista Anonimo 15 chilometri dalla capitale del Mediterraneo sono tanti, troppi.  O abiti nell’estremo centro, o ti senti, impietosamente, sulla luna.  O in su corru ‘e sa furca, diciamo. Mica tutti sono per la vita bucolica, no? Comunque la riunione riprende.

Il padrone di casa, un po’ tranquillizzato, si alza in piedi: “Buongiorno a tutti, e benvenuti a casa mia. Siamo qui riuniti…”

Tutti, in coro: “perchè abbiamo un problema!”

PdC: “è vero, ce l’abbiamo, ma stiamo lavorando duro, facciamo il possibile e cerchiamo di vedere il lato positivo!”

Applausi. Prende la parola la ragazza pallida: “Buongiorno, mi chiamo Maria e ho un problema”

Tutti: “Buongiorno, Maria, dicci quale è il tuo problema”

Maria: “Ecco, io credo di avere un problema di autostima”

Interviene un ragazzo nell’angolo del soggiorno: “Quello ce l’abbiamo tutti, cara. E’ una conseguenza dell’aver studiato, lavorato per pochi euro a pezzo e insomma fatto ciò che consideravamo giusto per poi ritrovarci qui- senza offesa, s’intende”.

Maria: “Sì, ma io non avevo mai avuto di questi problemi, prima. Cioè, andavo per la mia strada, e anche quando ho smesso di lavorare, all’inizio sempre meno e poi il niente assoluto, non stavo così male. Pensavo: è la selezione naturale, rimangono soltanto i più bravi…e mi sembrava giusto, anche”.

Mormorii in sala, qualcuno si agita sulla sedia. Una ragazza – Francesca- prende la parola.

“Buongiorno, mi chiamo Francesca e ho un problema. Ora che l’ho detto vorrei aggiungere due cose a quello che dice Maria…”

Il padrone di casa gira per la stanza distribuendo caffè da un thermos e controllando con la coda dell’occhio il suo Ipad che giace sul tavolino dell’ingresso. Spento(l’assenza di stimoli è fondamentale).

Maria: “Un attimo, non ho finito. Volevo dire che all’inizio mi accontentavo di quello che avevo – cioè pochissimo- perché la mia autostima è sempre stata ottima, e visto che spesso mi dicevano che ero brava, tutto coincideva…lavoravo duro e cercavo di vedere il lato positivo, insomma! Però poi…

Tutti: “Poi??”
Intanto, Francesca chiede di andare in bagno. Ha una leggerissima nausea, e il racconto di Maria sta peggiorando la sensazione. Va in bagno, si sciacqua la faccia e torna, un po’ rinfrancata. 

Maria continua a raccontare:“…poi ho cominciato ad accorgermi che i “brava” e “bravina” si moltiplicavano, ma perfino a smistare gli Sms al giornale ci mettevano un Accozzolo. E poi leggevo cose incredibili sui giornali…”
 
Francesca interviene, a voce un po’ troppo alta: “Mucche che attraversano la strada, cani che occupano i parcheggi, motozappe che impazziscono e perfino l’arrivo di una cigna nel laghetto del paese…una cigna, c’era scritto…

Tre o quattro persone tirano fuori i sacchetti di carta e cominciano a iperventilare, soffiandoci dentro molto forte. Il padrone di casa cerca di rassicurare tutti:
“Coraggio, sono cose che succedono…mica si può vivere di soli approfondimenti, o di politica, di cultura…di congiuntivi corretti, di uso non compulsivo delle maiuscole… non facciamo i vecchi come al solito, dobbiamo essere moderni, social, capire cosa tira…e cosa tira?”.

Francesca mette giù il sacchetto di carta ed esclama, stridula: “beh, sappiamo benissimo che tira di più una fotogallery porno gossip che un editoriale serio, per dire”.

Cala il silenzio. 

Maria:comunque io vorrei concludere, ecco, è solo una testimonianza la mia, so che non c’è soluzione...

PdC: “non dire così, Maria, a tutto c’è la soluzione. Per esempio, so che è possibile diventare analfabeti di ritorno, impegnandosi e magari prendendo lezioni da chi già lo è. Qualche ex collega si è sottoposto al trattamento e ora sta meglio, non legge nemmeno più il giornale al bar”.

Maria: “ah, sì, ehm. Magari ci penso, eh? Volevo solo dirvi che dopo tutti questi episodi la mia autostima ha avuto un andamento bipolare, va su e giù come le montagne russe, non so che fare. Spero che qualcuno mi dica che sono scarsa, molto, così finalmente potrei darmi pace, tutto avrebbe una logica…e magari troverei lavoro!”

I partecipanti si guardano. Il padrone di casa da l’ok: “Va bene Maria, ripeti con noi: sono-scarsa- sono scarsa- sono scarsa. Ti senti meglio? Forse dovresti astenerti un po’ dalla scrittura, ti farebbe bene. E poi, ripensa a cosa hanno detto alla tua collega Francesca: ‘meno male che non lavori, visto l’ambiente’! A voi tutti ricordo di non consultare Facebook più di due o tre volte, di evitare accuratamente tutti i giornali o presunti tali che avete nella lista che vi ho distribuito, di contattare i colleghi soltanto in caso di assoluta necessità.
E smettete di toccarvi le parti intime ogni volta che sentite pronunciare la parola “giornalista”! non è vero che porta sfiga…non perché è successo a voi, deve poi succedere a tutti!”.

Tutti si alzano dalla sedia, si salutano velocemente, lo sguardo basso. Il padrone di casa  rimette a posto le sedie e nel frattempo accende l’Ipad, toccandosi discretamente i gioielli di famiglia, nel tipico gesto anti-iella.  
Gli altri, appena fuori, riaccendono lo smartphone.
Maria e Francesca si allontanano insieme, mute. Un coro di notifiche turba la tranquillità desertica di quell’angolo di nulla.



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