
Sono tempi difficili. Difficili per continuare ad essere se stessi, perché
galleggiare è difficile, perché le inquietudini pratiche e non solo,
individuali e collettive di questo periodo storico (che tutti assorbiamo, anche
i più indifferenti, a meno che non vivano in un eremo sulla montagna) non
permettono un attimo di riposo, questa è la verità.
Non si tratta però soltanto
di stanchezza, o di insofferenza, ma della consapevolezza di quanto sia
complicato –e potenzialmente dannoso- conservare la tenerezza.
Io ci provo, ad essere cinica, per quanto sappia che è un atteggiamento
perdente, ma non riesco.
Mi sembra sciocco, visto che è già il tempo
dell’austerity, avere il braccino corto nei sentimenti e nelle energie. Poi,
certo, mi capitano addosso certe persone che mi fanno rimpiangere l’uso della
clava, letteralmente mi cadono le braccia quando ancora incontro i freddi, i
presuntuosi, i calcolatori. Purtroppo li riconosco: meglio sarebbe passare
oltre e fare finta di niente. Ma anche io, alla mia non più verde età, ho
imparato poco, evidentemente.
A quasi quarant’anni.
Cioè, a quest’età si può essere ancora così insicuri,
respingenti, indolenti? Ma perché? È questo che non mi spiego. Perché molti non
meritano altro che freddezza? E vabbeh, ma lo sforzo di praticarla è più
pesante del rimanere se stessi. O no?
Tempo fa un’amica che mi conosce da quasi trent’anni e quindi è assai “qualificata”
mi ha fatto un grandissimo complimento, dicendomi che “non sono mai cambiata”:
ovviamente si riferiva ai muri portanti, forse si riprendeva dallo sgomento che
può cogliere quando intorno a noi vediamo le persone mutare radicalmente dopo
alcuni eventi tipici (la maternità è uno di questi, un po’ meno la paternità).
Non è del tutto vero, naturalmente, perché il tempo porta, oltre a qualche fastidiosa
ruga in più (quelle intorno agli occhi, delle risate, e le altre intorno alla
bocca delle preoccupazioni), anche un maggiore pragmatismo, un po’di durezza in
più, più che necessaria, inevitabile. La clava, appunto.
Ma è la tenerezza quella a cui tengo di più: una visione del mondo.
Un'inquietudine impotente ci tormenta, e andiamo per acque e terre
inseguendo la felicità. Ma ciò che insegui è qui, se non ti manca la ragione.
(Orazio)Etichette: francesca madrigali, pensieri e parole, senza perdere la tenerezza, visione del mondo