L’Italia si appassiona alla telenovela
post- elezioni politiche. Protagonisti: i non-vincitori, cioè Grillo-Casaleggio
(l’ideologo del M5S, finalmente uscito allo scoperto dopo una campagna
elettorale nell’ombra), il Pd e Bersani (che un giorno lo sfida, poi ammicca,
poi no, poi boh), e il solito Silvio, insolitamente silente in questi giorni.
Come in ogni telenovela,e ve lo dice una
sopravvissuta agli anni 80 e dunque anche a “Anche i ricchi piangono”,
“Topazio”, “Dancin’Days” e tutti gli ammennicoli sudamericani, i colpi di scena
non mancano e sono pure un po’ prevedibili. Come Mariana si innamorava del
figlio ricco dei padroni, anche in Italia, probabilmente, si cercherà di conquistare
il buon partito (solo in senso figurato, stavolta). O forse no, magari c’è il
cattivo che insidia l’idillio.
Fatto sta che gli italiani lo sono, un po’
sudamericani: hanno amato molto Berlusconi per vent’anni, a stento prestano
attenzione a un tremolante Bersani così come bypassavano l’incolore Prodi, e
ora si entusiasmano in massa per il carismatico Grillo. Così, confermando la
prima impressione che L’Uomo Forte e il “Nuovo” siano le parole chiave di queste elezioni, più di ogni altra parola.
Lavoro, per esempio. Chissà se i milioni
di italiani che si appassionano alla telenovela politica – si mettono insieme,
o no, e a quali condizioni, e gli altri che dicono? E Casaleggio, perché non si
taglia i capelli? E i grillini, perché gridano sempre? E D’Alema, cosa ha
detto?, ecc. – hanno prestato la seppur minima attenzione a quella notizia
passata un attimo nei telegiornali, un poco di più sulla stampa, quei numeri
che scorrevano sui titoli in basso sullo schermo del televisore fra un
femminicidio (che nel frattempo noi non ci facciamo mancare niente, eh) e un
botta e risposta Grillo-Bersani?
Il nostro fidato Istituto Nazionale di
Statistica ieri ci ha comunicato che gli occupati nel complesso in
Italia sono passati dai 23.222.000 del 2007 a 22.899.000 del 2012 (323.000 in meno). Il Sud
ha subito un vero e proprio crollo passando dai 6.516.000 del 2007 a 6.180.000 persone
occupate (-5,15%).
I precari, secondo l'Istat, lo scorso anno sono arrivati a
quota 2,8 milioni. Il calo dell'occupazione, sempre nella media del 2012,
interessa i dipendenti a tempo indeterminato (-99.000 unità, pari a -0,7%) e
gli indipendenti (-42.000 unità, pari a -0,7%), mentre aumentano i dipendenti a
termine (72.000 unità, pari a +3,1%). I giovani, quelli della fascia 15-24
anni, se la passano ancora peggio, ma qualcuno fa notare che la disoccupazione
adulta (ovvero, perdere un lavoro e non ritrovarlo più su un tempo medio
calcolato in 12 mesi) è in aumento, così come il part-time involontario.
Il lavoro scende, insomma, mentre lo share
della telenovela politica sale.
I media fanno il loro lavoro, stanno sulla
notizia, organizzano dibattiti e approfondimenti sul ruolo del misterioso
Casaleggio, sulla tragedia scespiriana del segretario (presto ex?) Bersani, e
ogni tanto auscultano gli umori di Silvio e il suo rapporto complicato con la
magistratura.
Sulla questione lavoro, nulla. Sui dati Istat, zero. Sulla
opportunità di spiegare cosa significhino tre milioni di precari o la metà dei
giovani che nel Sud non trova lavoro, e sugli inattivi in crescita, e su quelli
costretti al part time e quindi al salario inferiore, neanche una seconda o
terza serata, giusto il fondo pagina del sito web.
Io, che sono una pratica, già il giorno
dopo mi ero rotta le palle della telenovela. “Anche gli italiani piangono”,
versione 2013: mi sembra troppo sinistro, e troppo vero.
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