E’ da qualche giorno che penso alla
misteriosa figura dell’ “amico di penna”. Ovvero, il ragazzino o ragazzina (di
solito di un altro Paese) che in gioventù, solitamente all’epoca delle scuole
medie, ci veniva proposto dalle insegnanti e diventava un appuntamento fisso
che ci aiutava a migliorare la lingua straniera, ci permetteva di conoscere
altre culture, anche solo per iscritto o nel migliore dei casi anche di
persona, se l’amicizia diventava vera.
Ecco il punto: un rapporto di amicizia può
essere vero anche se è solo “virtuale”, cioè fatto di parole e non di
espressioni del viso, suoni, incontri? (dell’amore non parlo neanche: ho letto
“Le ho mai raccontato del vento del Nord”
e mi sono venuti i nervi per una settimana).
Me lo chiedo oggi, in questo tempo in cui l’amico di penna è quello di
Facebook, del blog, della email. Mezzi soltanto apparentemente nuovi, in realtà
la versione “aumentata” delle lettere, di quel piacere unico della carta
scritta, dell’aspettare il postino, del guardare la scrittura dell’altro. Devo ricordarmi di tirare fuori le mie
lettere, per capire se mi piacciono ancora, o se ormai la velocità- che non
sempre fa rima con superficialità, ma quasi- della Rete mi ha resa dipendente.
Anche in questo post ci chiediamo se Facebook ci rende più liberi, anche
di creare e mantenere legami con persone che altrimenti non raggiungeremmo mai,
per questioni di opportunità e tempo.
Ma sono rapporti reali, veri? Forse sì, in maniera insolita e improvvisa. Addirittura,
forse perfino in questi casi ci mostriamo come veramente siamo, anche tenendo
conto delle mistificazioni che il mezzo consente: penso al fatto che io,
comunque, tendo sempre a concretizzare (mi piace molto il cappuccino e anche la
spremuta d’arancia, ecco, se potesse interessare). La cosa più bella è che le persone hanno
ripreso a scrivere (o non hanno mai smesso) e soprattutto che il rapporto
epistolare, oggi come ieri, è spietato, verifica subito la temperatura
dell’affinità tra gli scriventi.
Il paradosso è quello per cui, dopo magari essersi
parlati per un po’, essersi scambiati informazioni o commenti (perché è questa
la vera funzione del social network, mica il pettegolezzo, quello lo lasciamo
ai pettegoli anche fuori), una volta che ci si incontra ci si saluta a
malapena (può capitare, a meno che non si abbia la mia faccia di tolla).
Almeno
il nostro amico di penna di tanti anni fa lo andavamo a trovare apposta!
Invece
oggi la disinvoltura di Facebook, perfino quell’ “essere amici” (la trovata di
marketing più geniale di sempre!), spesso ci inibisce proprio quando il più è
fatto. Come se ancora le identità virtuale e reale fossero separate.
Nella “normalità”, invece, non lo sono: nella normalità, credo, scriviamo
all’amico di penna (o di social network), che tra l’altro magari non sta in
Giappone o in Australia ma nella nostra stessa città, con la stessa verità che adotteremmo davanti ad una
tazza di the. Semplicemente, sono aumentate le possibilità…e diminuite le
arrabbiature per i disguidi delle Poste. :)Etichette: amico di penna, facebook, francesca madrigali, rapporto epistolare, social network