[Vecchio post, ma oggi mi va così.]
 
Quale può essere oggi il concetto di maestro, mentore, guida?
 Un tempo non molto lontano, ma dal quale sembriamo lontani e separati 
anni luce, il mentore non era un “papi” che ci faceva un favore o ci 
ingaggiava a pagamento, un accozzo che ci sistemava dietro ricompensa 
presente o futura, un protettore di solito politico o presunto tale 
delle cui promesse eravamo disperatamente obbligati a fidarci. 
 
Il buon maestro
 insegnava e raddrizzava, sperabilmente con la durezza necessaria e 
utilissima, e magari trasmetteva pure i fondamentali di un mestiere, 
talvolta – nei casi più fortunati-  anche della vita. Parlo al passato 
perché oggi è praticamente impossibile imbattersi in 
queste figure mitologiche, che abbiano voglia, tempo e (dis) interesse a
 praticare la nobile arte della conoscenza di un altro essere umano, il 
quale a sua volta dovrebbe essere disposto all’umiltà e al confronto, 
nonché agli inevitabili cazziatoni.
E’ invece frequentissimo l’incontro con i cattivi maestri,
 che attenzione non sono quelli che se li conosci li eviti, ma 
esattamente quelli che non puoi evitare, o ci cui ti accorgi troppo 
tardi, mentre già sei impelagato in uno dei mondi paralleli in cui essi 
abitano. 
Di solito sono, ahimè, parenti o simili; e la loro influenza si esercita giorno per giorno, se praticata già in tenera età può indurre nelle anime buone la convinzione che la vita reale sia proprio così. E cioè: un homo homini lupus continuo, ma mica per l’eredità degli Agnelli, quanto per il parcheggio più conveniente o per l’eredità da fichi secchi; una megalomania innata
 che di solito riguarda l’altro sesso, i soldi, le proprie capacità 
amatorie, sportive, imprenditoriali o lavorative, a cui corrispondono 
tristemente  modesti risultati e talvolta clamorose fregature; ma 
soprattutto, l’assoluta indifferenza per gli altri esseri umani,
 non giustificata dal vivere in una giungla ma semplicemente innestata 
come una pianta maligna nella personalità di questi individui. Non il 
pathos del  mors tua vita mea, non una malvagità da romanzo che
 ha pure il suo interesse, insomma: semplicemente una gara a sentirsi il
 più furbo, il più predatore, in sostanza il più scemo e il più solo, perché i risultati che ho visto finora sono sostanzialmente questi.
Probabilmente è un deficit anche neurologico,
 non me lo spiego diversamente visto che non si parla di geni del male 
ma di mediocri che si arrampicano sugli specchi di un mondo parallelo 
che in molti casi non esiste più, dove tutto era dovuto e facile, mentre
 sono passati gli anni e il mondo vero è cambiato. 
Voglio
 però spezzare una lancia in favore di questi cattivi maestri, 
definizione fin troppo lusinghiera ma comunque efficace per l’influenza 
che costoro possono avere avuto o avere ancora, almeno verso chi è 
costretto, per forza o magari chissà anche per affinità elettive, ad 
avere in qualche modo ad avere a che fare con loro.  
 
Hanno infatti una loro utilità sociale, forse perfino superiore a quella dei veri maestri,
 nel senso che impartiscono insegnamenti e soprattutto esempi che non si
 dimenticano e ti illuminano bene la strada, mostrandoti come non 
vorresti diventare mai. 
 
Personalmente,
 non ricordo il momento esatto in cui ho cominciato a provare 
ripugnanza, ma è stato sufficientemente presto per non fare, credo, 
troppi danni, o per darmi modo di raddrizzarmi in tempo, da brava self made girl. 
Purtroppo non ho avuto un mentore vero e proprio e credo che a questo punto sia troppo tardi, non lo è mai, però, per  il sollievo che si prova guardando da lontano certe vite disgraziate e tenendosi accuratamente altrettanto lontano.
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