Oggi, 21 gennaio, finalmente scadono i termini per
la presentazione delle liste elettorali e con essi la tremenda manfrina delle
candidature nei (dei) partiti. Qualcuno ha fatto perfino le “parlamentarie” per
“permettere” agli elettori di scegliersi i candidati da mandare al Parlamento,
salvo poi rimescolare le carte e piazzare i “paracadutati” nei posti di chi
aveva gareggiato per ottenerlo, quel posto.
Altri non hanno nemmeno fatto finta
e con sforzo disumano hanno cercato di escludere gli inquisiti, i poco chiari,
i condannati o quasi tali, e alla fine insomma pare che ce l’abbiano fatta. E
vabbè: è la nostra politica, bellezza. Per chi si appassiona al risiko dei
meccanismi elettorali può essere utile sapere che un voto all’uno è tolto a un
altro, e via contando e ricontando le proprie risorse umane – in termini
numerici, di pacchetti di voti, proprio.
Cose affascinanti per una parvenu come
me, che mai come in questa campagna elettorale asfittica e completamente
lontana, salvo qualche rara eccezione, dalla condizione esistenziale mia e
della mia generazione, si è sentita un’ingenua, anche un po’ annoiata.
Quali sono i temi importanti, sui quali, ad
esempio, un Bersani o un Vendola, un Ingroia o un Berlusconi, e ovviamente un
Grillo e un Monti – e uso l’articolo indeterminativo non a caso, in quanto più
maschere pirandelliane che leader carismatici in carne e ossa- si confrontano, e ci propongono? L’odiata e
iniqua IMU, o il matrimonio gay? L’eterno refrain delle tasse, come se fosse
possibile in una qualsiasi comunità vivere senza? Avete sentito qualcuno dei
leader, o a livello regionale qualche candidato, parlare di lavoro (giovanile e
adulto), di tutela ambientale, di sostegno alle imprese che vada al di là del
discorso tasse, di come riconvertire intere aree di produzione del Paese ormai
moribonde? E i giovani e non giovani? E la situazione demografica nazionale e
regionale?
Attenzione: si richiedono idee e proposte, non promesse. Astenersi
perditempo, in malafede, inconcludenti, mafiosi e intrallazzoni, o
semplicemente e tragicamente incapaci.
A queste domande amletiche (da parvenu, ripeto: non
sono un addetto del settore, semplicemente vivo nel mondo e osservo), si somma
il dramma di questo meccanismo elettorale per cui non si esprime preferenza: la
via maestra, insomma, per “il meno peggio”. Come spesso mi accade di pensare,
non so se è peggio la noia della rissa politica senza contenuti, o la pochezza
delle idee, o la sensazione che nulla possa servire – il voto di qualche tipo,
o l’astensione, o cosa- .
I più fortunati hanno “qualcuno da stimare”, e quindi
voteranno questo o quel partito, ma mi sento di esprimere una viva solidarietà
a chi non sa a che santo votarsi per soffocare
quell’insano (o sano, dipende dai punti di vista) impulso di astenersi
dal partecipare a un gioco già visto, e un po’ tarocco.
Forse, paradossalmente,
per chi non è inquadrato nell’area di una religione- perché più il tempo passa
e più mi convinco che la militanza è questo, ed è pure giusto così- , soltanto
fidarsi di qualcuno può rappresentare l’unico antidoto al qualunquismo e
all’astensione. Che fatica assurda, però. E manca ancora un mese, un tempo
sufficiente per qualsiasi cosa.
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