Ancora sul lavorare gratis. Ajò, ma dobbiamo andare in giro
con un cartello appeso al collo? Non è, evidentemente, così scontato e banale
affermare che non si lavora gratis, per una miriade di motivi che vanno dal
mantenimento economico a quello della propria dignità, in quanto persone che
svolgono una mansione e devono (devono) ricevere una contropartita in cambio.
In
vita mia non mi è mai capitato che mi proponessero, come è accaduto su un sito
segnalato dal giornalista Massimo Manca, di svolgere un lavoro per il quale
“inizialmente non sono previste retribuzioni”, per “candidati da 22 a 50 anni”. Così un fantomatico
giornale online, che offre però “la possibilità di iscrizione all'Albo dei
Giornalisti elenco Pubblicisti”, mentendo doppiamente, perché se non sei pagato
per i tuoi pezzi non puoi iscriverti all’Albo.
Mi è capitato però di essere pagata 3 euro ad articolo, fino
a un massimo di 20, ovviamente lordi, per due anni, il tempo necessario,
appunto, per iscrivermi all’Albo dei pubblicisti. Dopodichè, arrivederci e
grazie senza particolari rimpianti, un po’ come accade con la laurea, insomma:
ti fai un mazzo per un po’ e poi ti accorgi che non sai che fartene, del tuo
titolo, soprattutto se per te “dottoressa” è solo il tuo medico curante e “giornalista”
è un mestiere, non una caratteristica.
Quindi mi chiedo: è peggio tentarsela, confidando
nell’incomprensibile desiderio di mezza Italia di fare il giornalista e quindi
gettando l’esca dell’iscrizione all’Ordine (l’iscrizione, signori, dunque
semplicemente un titolo, non un lavoro), oppure proporre alla luce del sole e
del siffatto Ordine un compenso che in qualsiasi ambiente lavorativo
susciterebbe ilarità quando non un sentimento brutto di offesa (ehi, dici a me
3 euro??)?
Quale è la differenza? Perché le similitudini sono tante, e
fanno perno sempre sull’insano fascino che la professione del giornalista, in
tutte le sue sfumature, esercita. Cinquanta sfumature dello scrivere, insomma:
e in effetti trattasi di un insieme di pratiche che ricorda il sadomasochismo,
in primis il rapporto padroni-schiavi. Finchè una, già poco appassionata del
genere di suo, non si risveglia dal torpore e capisce che il tempo dellesculacciate è finito, e comincia quello del lavoro vero (cioè pagato).
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