"Beh, allora grazie eh, arrivederci, le faremo sapere".
Sarà capitato a molti di chiudere un colloquio di lavoro in questo
modo, le prime volte credendoci veramente, poi via via che l'esperienza
aumenta, prendendola sempre più con filosofia.
Anche
una poco filosofa come me, per dire, si è talmente abituata che per un
certo periodo ha perso il conto di quante volte lo sentiva dire e se ne
dimenticava, pure. Poi è venuta la fase del "lei è troppo qualificata
per questo lavoro", del " lei ha troppa seniority" e stronzate simili.
Infine, la serenità del "meglio la salute".
Prima di questa fase Zen, però, c'è stata l'ansia del possibile rifiuto, il fastidio per un modo di procedere assurdo, anche un pò di rabbia verso la maleducazione insita
in un meccanismo di selezione dei lavoratori che non sta lì a
preoccuparsi delle ricadute psicologiche sulle persone, figuriamoci sui
modi corretti di gestire la gara fra lavoratori.
Mi è venuto in mente questo quando ho letto la notizia di apertura del quotidiano, oggi: per il sottosegretario allo Sviluppo economico Claudio De Vincenti, infatti,
"non sta scritto da nessuna parte che la miniera debba chiudere il 31
dicembre". Il sottosegretario De Vincenti su
Radio Uno Rai ha poi precisato che la miniera della Carbosulcis è al
100% della Regione Sardegna e che quindi è la regione che deve deciderne
la chiusura, ma che per il governo "sono possibili soluzioni
alternative". Sono possibili, vivaddio. Sennò?
Comunque:
mi sorprendono sempre le infinite declinazioni della lingua italiana.
Ma questo possibilismo linguistico, il paraculismo trentennale di
politicanti d'ogni colore, di governo, regione, sindacati e chiunque
abbia diritto a metterci bocca, non assomiglia un pò troppo a quei "le faremo sapere" (sottinteso "eja, credici") di antica memoria?Etichette: Carbosulcis, francesca madrigali, governo, il lavoro, minatori Sardegna, miniera occupata, Nuraxi Figus, protesta minatori, sardegna