Quando penso che alcuni dei miei amici sono gli stessi da 25 anni ho, come dire, una vertigine: è il senso del tempo che passa (ma a una certa ora è anche la fame, eh). In un mondo per niente fatato dove siamo tutti forever young, la cruda verità è che non lo siamo affatto, non fisicamente né tantomeno spiritualmente, o almeno “dovrebbe” essere così. Sarò una (vecchia” bacchettona, sarà che gli eterni “Peter Pan” mi annoiano e li trovo pure un po' ridicoli. Invecchiare - perchè già dopo i 30, ragazzi e ragazze, dobbiamo scegliere se dedicarci alle zampe di gallina, le cosce modello Permaflex, la pancia che non fa più orsetto tenerone ma bevitore di birra sedentario e in tutto questo cercare di sopravvivere alla vita quotidiana- è così: inevitabile ma non sgradevole. L'ho capito da una serie di cose che mi stavano sulle palle già a vent'anni ma per le quali non avevo la filosofica consapevolezza acquisita con il passare degli anni e la schiena che grida vendetta:
le maglie corte, che lasciano la pancia scoperta: ho capito che non ha senso vivere a rischio colpo di freddo, oltre al fatto che non si può continuamente tirare giù quella maglietta taglia XXXS che ti sega dappertutto.
I ritardatari di professione, e la loro versione più evoluta, cioè i pacchisti seriali: della serie “ci becchiamo, facciamo, vediamo”, sempre “verso quest'ora”, “magari mi avvicino”, mentre tu cerchi di incastrare ottomila cose in mezz'ora, fai, disfi, organizzi e soprattutto rispetti, cercando di domare il caos e il nervosismo verso la categoria, così simpaticamente naif.
lo svenimento serale sul divano di casa: finora avevo retto bene, guardando con sottile disprezzo a certe pratiche di relax domestico quali la siesta pomeridiana o il pisolino estemporaneo. Ora come ora darei un braccio per riuscirci volontariamente e dignitosamente, senza sembrare ammalata di narcolessia dalle h.20 in poi.
Non sono più quella buonissima forchetta dei tempi leggendari in cui, a cena con soli maschietti, mangiavo e bevevo quanto loro; ora preferisco conservare la capacità di deambulazione, dopo.
Le scarpe scomode e le borse piccole: fino ai 30 le ho sopportate, poi basta, che cavolo, mica dobbiamo essere schiave della moda, noi donne evolute! (e giù a piangere sulla vita sociale inesistente).Etichette: il tempo, in progress, la Regina Madry, normalità, oui c'est moi