Avviso: questo post contiene alcune ripetizioni: pubblico/a, selezione, laureati , insomma le solite cose pallose
Con due euro ci compro due caffè, più o meno; e nemmeno due biglietti del pullman della mia città, sapientemente rincarati del 20% da un giorno all'altro (siamo per la mobilità sostenibile, bellezza!). Potrei comprarci anche due numeri di Vanity Fair, oppure un chilo e mezzo di clementine senza semi, all'incirca. Oppure potrei guadagnarli svolgendo un lavoro a cottimo per un istituto di ricerca pubblico, essendo stata pescata da apposita graduatoria nella quale ho diritto di stare avendo superato una selezione pubblica ed essendo laureata (il dettaglio non è di scarsa importanza: con la nuova normativa solo i laureati possono svolgere lavori di una certa importanza come questo). I due euro non sono la tariffa oraria, ma il corrispettivo pagato per ogni oggetto (della ricerca) rilevato, compreso il lavoro sul campo, il contatto con il pubblico e il lavoro informatico post raccolta dati.
Dimenticavo: i due euro sono lordi, con un bel co.pro si arriva a una ritenuta del 20 per cento circa. Alla manifestazione di perplessità mia e di altri laureati che hanno passato una selezione pubblica, la risposta di una impiegata pubblica di suddetto istituto di ricerca ha sospirato: "eh, ma le tasse le dobbiamo pagare tutti!".
A voi i commenti: io non ne posso più.Etichette: il lavoro, Italia, vabbè