Alla "magnifica" corte di Re Artù.

Italia, anno 2010, abbondantemente dentro il terzo millennio, pare. Eh già, non è del tutto sicuro che noi si sia nella modernità che il calendario lascerebbe intendere: come nella migliore fantascienza, una notiziola piccola piccola e apparentemente insignificante mi ha trasportata ai tempi, che so, di Re Artù. Tutti sappiamo, per esserci ahimè transitati o perché ce l’hanno raccontato, che nei templi del sapere (nonché dell’accozzo sdoganato come normale prassi lavorativa, per chi può), ovvero l’università italiana, esiste, come in tutte le organizzazioni, una gerarchia definita. In questo caso, al vertice c’è il Rettore, anzi, per amor di precisione, il Magnifico Rettore.

Mi ha sempre affascinato, me tapina, questo singolare appellativo attribuito per nessun altro merito se non quello di aver intessuto una efficace rete di conoscenze e accordi, alleanze e strategie: trattasi insomma, e con tutta evidenza, di una carica politica. E vabbò, si dirà, se esiste l’estremo centro può esistere anche il Magnifico Rettore, anche se a me personalmente l’aggettivo “magnifico” (dal dizionario: ammirevole per grandiosità, eccellenza o bellezza, e anche liberale, usato come appellativo di principi, sovrani o personaggi cospicui) fa venire in mente più il cornetto Algida che una carica universitaria.
La notizia che ha fatto scattare il meccanismo di teletrasporto temporale, da Cagliari, capitale del Mediterraneo (sic), a Camelot, mi è stata raccontata da una fonte certissima, e ha rafforzato in me la convinzione di avviare i ragazzini a una luminosa carriera da tronisti televisivi (tanto il fisico c’è, cuore di mamma): in presenza del Rettore, lo si deve chiamare, appunto, “Magnifico”.
Cioè, per esempio, in riunione di lavoro, i suoi colleghi non lo chiamano “professore”, o magari per nome, o vattelapesca: lo devono chiamare proprio “Magnifico”, soprattutto se lui ci tiene e lo fa sapere, come nel caso di quello cagliaritano.
Immagino scene tipo: “Perché vede, Magnifico, i dati delle iscrizioni di quest’anno sono poco confortanti….” *

Oppure piccolezze insignificanti tipo: “Ma come, Magnifico, noi c’abbiamo le pezze al culo e Lei magnificamente decide di dotare tutti i portieri delle facoltà di abito scuro?” (a Cagliari, capitale del Mediterraneo, il lessico è quello della fonte certa, io non possiedo questa capacità di sintesi).

Nell’anno 2010, in una istituzione pubblica e formalmente “moderna” (?), è dunque normale rivolgersi a una persona definendola “di default” ammirevole per grandiosità, eccellenza o bellezza : così devono fare, perlomeno, i suoi pari grado (perché sempre di docenti universitari stiamo parlando)e comunque tutti quelli che frequentano l’istituzione di cui sopra, che a questo punto definire moderna mi pare un filino ridicolo. Meglio chiamarla per quello che è: sistema feudale.

Meglio, molto meglio Camelot, almeno gli abiti (scuri o no poco importa) nascondevano bene i fianchi larghi e magari pure la vergogna per queste cose, e ancora meglio un bel cornetto Magnifico, che almeno – visto il cioccolato, la crema, la cialda- l’aggettivo se lo merita in pieno.


* [Se nel 2003/2004 gli immatricolati risultavano essere 337.992 (con una percentuale del 74,4 per cento di matricole sui maturi), si è assistito negli anni a una progressiva diminuzione: 324.184 nel 2005-06, 308.185 nel 2006-07, 292.980 nel 2008-09, fino ai 286.225 immatricolazioni nel 2009-2010 corrispondenti al 59,1 per cento delle matricole sui ragazzi usciti dalla maturità. Circa 52 mila immatricolazioni in meno, secondo i dati dell’Istat, del MIUR, di Almalaurea]

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