La mia Sardegna è differente: selvaggia, nucleare, accogliente

"La Sardegna è l'area italiana migliore per la costruzione di centrali nucleari, perché è la più stabile dal punto di vista sismico", ha riferito Enzo Boschi, presidente dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) durante una audizione davanti alla commissione Territorio e ambiente del Senato.
L'audizione è un momento nel quale il Parlamento comincia a farsi delle idee precise su un problema, ascoltando i tecnici di settore prima di esaminare disegni di legge del Governo o proposte di deputati e senatori. (dal Giornale di Sardegna).
Il prof. Boschi,questa mattina tempestivamente raggiunto al telefono da Radio Press, sembrava perfino un po’ spaventato, ha perfino commentato: “io non ho mai detto che….ho spiegato soltanto che…non vorrei sembrare un nemico dei sardi, perché so che non ne volete”. Forse pensava a sanguinosi regolamenti di conti a colpi di leppa, senza sapere che anche in Sardegna vige l’usanza di risolvere tutto, alla fin fine, a pabassini e vernaccia di Oristano (l’equivalente “identitatario” dei tarallucci e vino di popolana saggezza).

Comunque. Che la Sardegna fosse l’ideale l’avevamo già capito: poca gente, pochissima sismicità, e anche se ci potrebbe essere qualche problemino logistico di trasporto, insomma perfino noi profani possiamo immaginare che un incidente che avviene su un’isola è assai più facilmente gestibile, no?
Quindi, una nota per gli appassionati della “diversità” della Sardegna, o come ha scritto qualche giorno fa Michele Serra su Repubblica (pezzo segnalatomi non da un indipendententista sardo ma da un amico della Valtellina), della nostra “alterità” rispetto agli italiani:
"La regione Sardegna è una zona con una storia geologica completamente diversa dal resto dell'Italia. Si potrebbero fare tutte e quattro le centrali nucleari che il governo intende costruire lì, anche se poi bisognerebbe risolvere il problema del trasferimento dell'energia” . Eh sì, siamo completamente diversi: una terra antica, stabile, accogliente. Anche per le possibili “servitù nucleari”.

Vorrò vedere allora gli entusiasti sostenitori delle “magnifiche sorti e progressive” della Sardegna – il turismo, per esempio: chi non vorrebbe venire a farsi le vacanze in una terra selvaggia, fra un cespuglio di mirto, un cielo terso e un bel cilindrone in cemento armato (noo, non è l’ennesimo albergo, è la centrale!) ?- entusiasmarsi ancora, sicuramente per quello che è l’argomento principe dell’uomo della strada quando si parla di nucleare: “Cioè, ma ti rendi conto di quanto risparmieremmo in bolletta???

Non posso riportare i pensieri e parole che mi vengono in mente ogni volta che sento questo festival della banalità. So che io le centrali nucleari non le voglio, ma non per quella simpatica sindrome NIMBY (“not in my backyard”, non nel mio giardino) che ha colto tanti miei conterranei quando la Sardegna ha accettato i rifiuti campani. In quel caso era soprattutto gente che non ha mai nemmeno voluto fare la raccolta differenziata in vita sua perché “mi stresso”, e che solo per questo meriterebbe di avercele sotto casa, le scorie non smaltibili.
Nel mio caso, e in quello di molti altri, è che il nucleare proprio non lo vogliamo, né nel nostro giardino né da nessun’altra parte, perché è tutto sbagliato. E’ una visione del mondo che non condividiamo, fatta di crescita di qualsiasi cosa: consumi, rifiuti, pericoli, manipolazioni, distruzioni irreversibili dell’ambiente, che va in direzione opposta a quella in cui è necessario andare.

E’ necessario, non soltanto per la crisi economica ma anche per una questione di vitalità della razza umana, diminuire: le auto, gli imballaggi, gli sprechi, tornare a una austerity più consapevole. Se sarà obtorto collo, pazienza.

(la vignetta è di Bruno Olivieri).

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