Non posso riportare i pensieri e parole che mi vengono in mente ogni volta che sento questo festival della banalità. So che io le centrali nucleari non le voglio, ma non per quella simpatica sindrome NIMBY (“not in my backyard”, non nel mio giardino) che ha colto tanti miei conterranei quando la Sardegna ha accettato i rifiuti campani. In quel caso era soprattutto gente che non ha mai nemmeno voluto fare la raccolta differenziata in vita sua perché “mi stresso”, e che solo per questo meriterebbe di avercele sotto casa, le scorie non smaltibili.
Nel mio caso, e in quello di molti altri, è che il nucleare proprio non lo vogliamo, né nel nostro giardino né da nessun’altra parte, perché è tutto sbagliato. E’ una visione del mondo che non condividiamo, fatta di crescita di qualsiasi cosa: consumi, rifiuti, pericoli, manipolazioni, distruzioni irreversibili dell’ambiente, che va in direzione opposta a quella in cui è necessario andare.
E’ necessario, non soltanto per la crisi economica ma anche per una questione di vitalità della razza umana, diminuire: le auto, gli imballaggi, gli sprechi, tornare a una austerity più consapevole. Se sarà obtorto collo, pazienza.
(la vignetta è di Bruno Olivieri).
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