Cioccolatino o mozzarella?

(L'AltraVoce.net,8/11/2008)

Il vero problema non è il solito misunderstanding (oggi ci sentiamo tutti un po’ americani, Berlusconi compreso) fra il nostro presidente del Consiglio e la stampa che per sua natura gli è avversa, ergo non lo capisce quando parla (o viceversa); non si tratta neanche di maleducazione, cafonaggine, cattivo gusto, e tutto il campionario di stracciamento di vesti per l’ennesima gaffe del premier che definisce il neoeletto presidente USA Barack Obama “giovane, bello e abbronzato”.

Si tratta proprio dell’uso che ognuno fa della lingua italiana, e del potere che hanno le parole, come effetto che producono negli altri e come riflesso dei nostri pensieri e dei nostri sentimenti. “Chi parla male pensa male e vive male”, diceva Nanni Moretti, e nel suo ipertrofico narcisismo credo che per una volta (facciamo due, con il celeberrimo “D’Alema, dì una cosa di sinistra, dì una cosa anche non di sinistra, di civiltà”, eterno memento per una intera stirpe di partiti democratici presenti e futuri) abbia avuto ragione: le parole sono importanti, potenti, sono, appunto, pietre.

A questo concetto è dedicato perfino il Forum della Lettura che si terrà a Cagliari l’8 e il 9 novembre: presumibilmente si parlerà della loro importanza (non a caso, è stato invitato anche Roberto Saviano, uno al quale le parole hanno creato qualche problema) e dei loro significati, dei cambiamenti, delle potenzialità. Se potessi, inviterei anche Silvio Berlusconi, per cercare di spiegargli come e quanto le parole possano essere pericolose, e belle, un po’ come le (giovani) donne: lui è un noto esteta, sono certa che mi capirebbe. Cercherei di spiegargli che “abbronzato” non è un complimento, Silvio, fattene una ragione, è semplicemente una normale reazione della pelle al sole, e non è che chi si abbronza è più bravo degli altri (e qui ammetto la mia carnagione molto chiara e poco berlusconiana).

Altrimenti dovrei temere che tu, conoscendomi, potessi (in)volontariamente insultarmi dandomi, ad esempio, della “mozzarella”, certo scherzando bonariamente com’è tuo costume, anche se so che non lo faresti con cattiveria, galantuomo, cavalleresco e paterno come sei tu. Oltretutto un altro signore ha già utilizzato il termine prima di te (Roberto Calderoli nei confronti della giornalista palestinese Rula Jebreal), quindi non si capisce proprio il solito bailamme che si scatena ogni volta che fai un commento, dev’essere proprio un fatto di incomprensione, misunderstanding, scarso sense of humour e imbecillità (degli altri, eh).

Comunque. Barack Obama non è abbronzato, è indubbiamente un uomo afroamericano, un “black”, un appartenente alla “blacks people”, o, per dirla tutta, è negro. La parola tabù è denigratoria e offensiva nella lingua americana (nigger), ma in Italia, dove noi (sopra)viviamo nonostante la mania del politically correct che ha fatto diventare operatori ecologici gli spazzini e non udenti i sordi, dovrebbe significare semplicemente “di colore nero”. Non lo sostengo io, ma Giosuè Carducci nella sua immortale Pianto Antico: “L'albero a cui tendevi/ la pargoletta mano/ Il verde melograno/ Da' bei vermigli fior, ….ecc., … Tu de l'inutil vita/ Estremo unico fior/ Sei ne la terra fredda/ Sei ne la terra negra/ Né il sol piú ti rallegra/ Né ti risveglia amor.

Certo io non sono un linguista (Massimo Arcangeli su Repubblica.it afferma che “..’Abbronzato’ è più pericoloso di ‘negro’….qui il nemico non è l'offesa patente alla dignità della persona ma un razzismo subdolo e insinuante. Un nemico, in un certo senso, interno”), certamente la lingua è viva e cambia nel tempo, e in Italia, per quanto riguarda lo specifico vocabolo, in peggio – ad esempio sospetto che i disgraziati che qualche mese fa hanno ammazzato a bastonate un ragazzo al grido di “sporco negro” non sappiano granchè di Carducci.

Però il concetto non cambia: nero, negro, “di colore”, sono parole che semplicemente indicano una diversa gradazione del colore della pelle non attribuibile all’effetto del sole o della crema abbronzante con fattore di protezione zero. Non si deve avere paura di usarle, perfino quando si vuole constatare l’ovvio, ed è bizzarro sostituirle con quelli che si considerano apprezzamenti estetici, anche se uno voleva dire una cosa “carina”. Un po’ come se il mio vicino di casa volesse fare il galante e mi dicesse: ma lei ha i capelli ricci! Embè?

A noi, insomma, la facoltà e l’intenzione di attribuire alle parole un significato specifico e di conseguenza un potere grandissimo, e di starci attenti, soprattutto se si è presidenti del Consiglio e non della Bocciofila sotto casa.
In conclusione, Silvio: detto da una che non sta lì a guardare la concentrazione della melanina nella pelle delle persone e che al massimo, in Sardegna in agosto, si abbronza come un Pavesino, vacci piano la prossima volta con i complimenti e le “carinerie”.
Tutte le mozzarelle del mondo conosciuto e non (per non parlare degli altri colori: dal giallo degli asiatici al verde dei fortunati abitanti di Marte) potrebbero offendersi sul serio, stavolta.

Etichette: , , , , , ,