Fra qualche tempo cominceranno le
Olimpiadi di Pechino.
Io non le guarderò e vi invito a fare altrettanto, oltre ovviamente a non contribuire in alcun modo all’economia cinese, anche se è dura (neanche in senso lato, dunque facendo attenzione alle etichette dei vestiti, ad esempio, e del ristorante cinese manco a parlarne).
Non mi è venuto
un improvviso rigurgito razzista: semplicemente, la Cina, antico paese di nobili tradizioni come l’infanticidio selettivo femminile e la pena di morte, promuove
una cultura di controllo delle nascite che induce la pratica dell’aborto se l’ecografia rivela che il nascituro è femmina: così ora i poveri tapini si ritrovano col problemino di essere troppi maschi (attenzione: non ho detto “
troppo maschi”) e pochissime femmine.
Il tutto, a prescindere dalla illuminata politica di convivenza con il popolo tibetano
, che è un'altra questione edificante.In base ai calcoli degli esperti demografici,
nel 2020, e cioè fra appena 12 anni, lo squilibrio raggiungerà dimensioni drammatiche, le
nascite maschili saranno di ben 4 milioni e 600 mila superiori a quelle femminili.
Milioni di uomini cinesi rischiano di rimanere single, mischini, e non certo per sola colpa dello Stato che ha drasticamente limitato il diritto a riprodursi (ma è noto che non si tratta esattamente di una culla della democrazia), quanto anche per una concezione discriminatoria della donna profondamente radicata nel pensiero generale.
La donna evidentemente per i cinesi è meglio che non esista, dunque anche
io virtualmente non esisto, dunque non potrò guardare le Olimpiadi o acquistare qualsiasi prodotto di provenienza cinese, né oggi né mai.
Pensateci, ok?
(
nell'immagine, una recente copertina de Il Vernacoliere)