La sera di Natale.


E’ Natale, e da circa 48 ore (anche di più per chi ha festeggiato un compleanno prenatalizio) non faccio altro che mangiare, scartare regalini, mandare SMS di auguri, desiderare di svenire sul mio divano. Sono rientrata in città da poche ore, in tempo per ricordarmi che il 25 dicembre è una giornata particolare soprattutto per chi non vive i problemi cosmici della pesantezza da gamberone al forno, del maglioncino rosso da cambiare o di quale film andare a vedere. Ci sono persone che in molti casi lavorano perché hanno bisogno, in altri per permettere a noi di porci i problemi cosmici di cui sopra, e in altri casi semplicemente cercano di sfangare la serata come possono. Nella mia città hanno allestito un malinconico lunapark proprio nella zona del porto, mentre dall’altro lato della strada brillano le luci delle bancarelle natalizie aperte anche oggi (un pensiero last minute?), ma la gente in giro è poca e sembra spaesata, forse sta smaltendo il panettone o forse prende una boccata d’aria dal pranzo indigesto. In una piazza centrale i capannelli delle signore ucraine, russe e comunque bionde o un tempo tali, che si riuniscono lì a giorni fissi per chiacchierare con le loro compatriote nella loro lingua dopo una settimana di lavoro, mi suscitano la consueta tenerezza.
Nell’ospedale nel quale sono andata per dare una mano a una amica in difficoltà gli ambulanti lavorano senza sosta nel parcheggio, così come medici, infermiere e probabilmente anche la madonnina all’ingresso del reparto di ostetricia, appena impacciata dai numerosi mazzi di fiori che le hanno messo vicino.
Ogni tanto sento il miagolio di un bambino, e penso che anche loro arrivano quando vogliono, mica rispettano festività e ponti, e negli ultimissimi giorni ne sono nati ben due, forse altrettanti sono in dirittura d’arrivo: a loro porgo il benvenuto, e in questa sera di Natale ho come l’impressione, e lo auguro a tutti voi, che porteranno fortuna, un anno migliore e tanta “buona vita” un po’ anche a tutti noi.

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